Articolo di Marco Leonardi pubblicato da Libertà Eguale.
La revisione del PNRR proposta dal ministro Fitto – un appuntamento fondamentale per la crescita- rischia solo di creare altri ritardi.
Se si vuole risparmiare una parte di debito, ora bisogna fare esattamente il contrario di quel che sta facendo il governo. Il governo poteva accettare tagli forfettari alle rate per i progetti che non riesce a finire (quindi risparmiando debito perché i progetti più in ritardo sono quelli a debito); invece ha insistito per avere la terza rata nella sua interezza (che quindi è arrivata ad ottobre invece che a marzo) e adesso ha proposto una revisione complessiva del Piano che di fatto prevede l’emissione di ulteriore debito.
Tagliando 13 miliardi ai comuni e spostandoli sul RepowerEu si apre la porta a nuovo debito. Infatti se si finanziano le opere dei comuni sulla parte cofinanziata del FESR o del Fondo Sociale di Sviluppo e Coesione (FSC) 2021-2027 (che tocca in gran parte alle regioni), quello è debito pubblico italiano a costi più alti del debito europeo. Quindi la revisione del Piano comporta o maggior debito oppure, forse peggio, il fatto che le opere dei comuni si faranno con estrema lentezza e forse mai. I sindaci temono tagli ai loro progetti e vanno direttamente alla Commissione UE per spiegare che non sono in ritardo, si capisce così quanto può essere disfunzionale il processo di questa revisione. Nel frattempo si è creato un clima di tutti contro tutti: ministero, regioni e comuni.
Ma il difetto peggiore della revisione lo ha messo in chiaro Sabino Cassese sul Corriere (ed è il tema principale del mio libro Partita Doppia, EGEA 2023). Il PNRR con il suo vincolo esterno, l’attenzione politica e il pagamento a risultato ha già cambiato per il meglio in questi due anni la PA centrale: la ha costretta a programmare gli investimenti e a tenere i tempi delle esecuzioni. Ora questa stessa disciplina toccava ai comuni, se la revisione gli toglie i soldi PNRR, i comuni non avranno mai l’occasione di migliorare le procedure di spesa per investimento.
Il taglio dei fondi ai comuni è anche un grave errore nei numeri perché l’esecuzione dei progetti tagliati è in realtà in linea con i tempi. Si paventa così il dubbio che il taglio abbia solo ragioni politiche.
I tagli riguardano i progetti di rigenerazione urbana (messa in sicurezza di edifici, piste ciclabili etc.) di circa 300 comuni. I progetti sono tendenzialmente semplici e hanno un target al 2026. Che senso ha rinunciare da subito ai fondi PNRR quando non c’è nessuna prova che i lavori siano in ritardo? Se si vanno a guardare i dati sugli appalti ANCE, su 2300 codici unici di progetto (CUP) circa la metà risulta già a bando per più del 70% del valore dei fondi PNRR assegnati, 300 risultano già aggiudicati e i cantieri aperti. I tempi medi dichiarati dalle imprese (e dall’evidenza su opere precedenti) per completare un’opera dal bando al collaudo sono inferiori ai 600 giorni. Non c’è ragione di credere che ci saranno ritardi se non in pochi casi circoscritti.
Anche i piani urbani integrati (PUI) candidati al taglio hanno un target al 2026 e, come la rigenerazione urbana, sono addirittura in parte già rendicontati quindi non si capisce come si possa tagliare il PNRR in corsa. I PUI sono piani complessi e riguardano 14 aree metropolitane (per esempio le piazze drenanti di Milano, la ristrutturazione dell’area della stazione di Bologna e del waterfront di Genova, le case popolari di Scampia). Ogni città metropolitana può avere uno o più PUI. Anche qui, su 610 CUP, la metà è già aggiudicata per più del 70% del valore dei fondi. In questo caso il problema può essere il modo in cui è scritto il target (almeno un PUI per ogni città metropolitana è un target penalizzante), quindi puoi giustamente discutere di cambiare il target, ma come puoi mai in queste condizioni così favorevoli rinunciare 3 anni prima all’intero progetto?
Infine, ciliegina sulla torta, l’articolo 88 comma 8 della legge di bilancio prevede che i comuni debbano partecipare alla spending review con tagli alla spesa corrente che sono proporzionali alle risorse PNRR che hanno avuto. Il contrario di quel che serve per finanziare il mantenimento futuro delle opere e un vero disincentivo a fare le opere PNRR. Incredibile.