Ripensare la rappresentanza. La manipolazione digitale

Di Leonardo Morlino.
Articolo pubblicato da Il Mulino.

Non sappiamo se la recente pandemia porterà un’ulteriore trasformazione degli assetti democratici in cui abbiamo vissuto negli ultimi settanta anni, se cioè ci sarà un cambiamento così profondo che alla fine sapremo di essere stati testimoni di un passaggio storico epocale, una «giuntura critica» (critical juncture). Come è noto, in definitiva, questo macro-fenomeno si riesce a rilevare con un solido sostegno empirico solo dopo che vi è effettivamente stato. E, infatti, nell’ambito scientifico da cui originariamente proviene è sempre stato concepito come tale. Nel frattempo, possiamo cominciare ad
analizzare alcune evidenze empiriche importanti. Tra esse, dal nostro punto di vista, due sembrano più rilevanti delle altre. Si tratta, da una parte, della spinta a ripensare l’intero sistema di welfare state come riparo che l’autorità pubblica deve fornire di fronte al rischio di future pandemie o disastri naturali e, dall’altra, della profonda trasformazione dei meccanismi della rappresentanza in connessione con la ricettività (responsiveness) dei regimi democratici. Le forme tradizionali del welfare e la rappresentanza partitica e degli interessi che sono stati al cuore delle nostre liberaldemocrazie ed hanno assicurato la loro stabilità e legittimazione dagli anni Cinquanta del secondo corso in poi sembrano appunto superate. A proposito delle trasformazioni in corso del welfare e, più in generale, dei rapporti tra cittadini, interessi compresi, ed istituzioni Minouche Shafik (2021) giunge a proporre un nuovo contratto sociale che innoverebbe sostanzialmente le nostre democrazie. L’altro macro-fenomeno riguarda la trasformazione della rappresentanza dovuta al profondo mutamento dei partiti di massa, allo sviluppo-trasformazione della comunicazione politica con l’affermazione della digital politics, e alle conseguenti diverse modalità di ricettività della democrazia, che ha alimentato un’amplissima letteratura sul neo-populismo. I processi relativi a questi fenomeni erano in corso ormai da anni sotto la spinta di altre trasformazioni economiche e sociali, e sono stati ulteriormente accentuati dalla pandemia che ha avuto su di essi un effetto catalizzatore come accade alle crisi profonde3, con un probabile tipping point ovvero un punto di ribaltamento che ci porterà in altre direzioni ancora poco note e che si intravedono male.
Cercando di rimanere saldamente ancorati alle risultanze empiriche che abbiamo, in questo articolo mi soffermerò sul secondo profondo cambiamento, almeno altrettanto significativo per le nostre democrazie, la trasformazione della rappresentanza, rinviando ad altra sede lo svolgimento dell’altro tema.
Più precisamente partendo dalle trasformazioni tecnologiche e dalla spinta pandemica, mi soffermerò sui meccanismi centrali e alcune risultanze empiriche nella possibile manipolazione dell’opinione pubblica facendo riferimento, in un primo paragrafo, ad alcune definizioni rilevanti per le ricerche e le elaborazioni teoriche proposte negli anni scorsi, anche prima della trasformazione digitale; in un secondo paragrafo, ai meccanismi chiave che quelle trasformazioni della tecnologia informatica e la diffusione dei social network fanno emergere; e, in un terzo paragrafo, a una selezione di risultati empirici che paiono maggiormente rilevanti in questa sede. Le brevi conclusioni faranno solo il punto di quanto analizzato, con qualche prima osservazione aggiuntiva sulle prospettive sia empiriche che di ricerca che la realtà ci fa intravvedere. Questo implica lasciare fuori dall’analisi qui proposta anche un altro tema centrale per capire la trasformazione della rappresentanza, cioè l’impatto della rivoluzione digitale sui partiti, che continuano a rimanere al centro della democrazia, malgrado tutte le campane a morto che si stanno suonando invano da anni.

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