Quattro domande sull’Europa

Libertà Eguale Milano Lombardia propone quattro domande a candidate e candidati in liste del centrosinistra nella circoscrizione Nord Ovest per il Parlamento Europeo, individuati grazie al buon rapporto di collaborazione instauratosi nel tempo con l’Associazione.

Hanno risposto Patrizia Toia, Emanuele Fiano, Irene Tinagli, Fabio Pizzul, Fabio Bottero del Partito Democratico e Caterina Avanza e Giuseppe Zollino di Siamo Europei Azione con Calenda.

“Tre rapporti di analisi e proposte sul rilancio dell’Unione europea. Sono quelli che le istituzioni Ue hanno commissionato a due ex premier italiani, Enrico Letta e Mario Draghi, e al due volte ministro Enrico Giovannini, attuale direttore scientifico dell’ASviS. Il report di Enrico Letta si concentra sull’integrazione dei settori dell’energia, delle telecomunicazioni, della difesa e della finanza, con una tabella di marcia per realizzare progressi in ciascun settore entro il 2029. Il mercato e le infrastrutture energetiche dell’Europa rappresentano un punto focale, con Letta che dichiara che “il mercato unico dell’energia può benissimo essere la migliore risorsa dell’Europa per garantire il suo successo in un nuovo ordine globale”.

Mario Draghi chiede un “cambiamento radicale” e una “trasformazione dell’intera economia europea”. Serve, una rifondazione “non meno ambiziosa di quella che fecero i Padri fondatori 70 anni fa con la creazione della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio”.

Enrico Giovannini, ha presentato una relazione sulla necessità sistemica degli investimenti sociali, che, contrastando le crescenti disuguaglianze, sono una leva di crescita, non solo durante le crisi, “per consentire una migliore e più rapida reazione del sistema socioeconomico” e una capacità di “resilienza trasformativa strutturale” del sistema.

1) Anche alla luce di queste analisi, cosa pensa della necessità e dell’urgenza di una difesa comune e della creazione di un esercito europeo? Pur conoscendo le difficoltà date dalla operatività di diversi eserciti con storie diverse, anche se già integrati nella NATO, è un’utopia o è fattibile un salto in avanti in tempi brevi, anche data la pressione esercitata dalle guerre alle porte d’Europa?

Patrizia Toia (PD): «Anche nella difesa oggi i Paesi membri dell’Ue pagano un prezzo altissimo in termini di efficacia di spesa a causa della frammentazione del mercato della difesa, dell’inutile duplicazione dei sistemi d’arma e dalla ridondanza degli apparati. La conseguenza, oltre allo spreco di risorse, è la cronica debolezza dell’Unione europea a livello geopolitico. Una difesa e un esercito europeo permetterebbero all’Ue di difendere i propri valori e la pace senza dover sottrarre risorse al welfare per lanciarsi in una corsa al riarmo su base nazionale. E’ un’utopia? Anche la stessa Unione europea era considerata un’utopia irrealizzabile e, invece, ha fatto la differenza per generazioni di cittadini europei sia in termini di benessere economico che di pace».

Emanuele Fiano (PD): «Io penso che la creazione di un esercito comune e di una difesa comune sia un’esigenza non rinviabile e non rinunciabile della UE, anche nell’ottica della realizzazione di una politica estera comune. Quale può essere altrimenti il futuro dell’Unione Europea, in un mondo sempre più regolato da conflitti armati, come quelli ai nostri confini terrestri e marittimi e da conflitti non armati come quello economico e commerciale tra USA e Cina, le prime due potenze mondiali? Noi dobbiamo ricordarci del valore di quanto scritto all’Art. 52 della nostra Costituzione, unico passaggio in cui si citi nella Carta la parola “sacro”: “La difesa della patria è sacro dovere del cittadino” e applicarlo all’Unione, che dobbiamo percepire come la nostra patria. La difesa comune è la politica estera comune sono irrinunciabili e bisogna cominciare subito a costruirle dal primo giorno della nuova legislatura».

Irene Tinagli (PD): «Una politica di difesa europea che miri a promuovere e mantenere la pace, la sicurezza e il sostegno all’ordine internazionale basato su regole non è una esigenza astratta, ma la traduzione concreta dei valori fondamentali del PD e dei progressisti europei. La creazione di un esercito europeo può rappresentare il tassello finale di questa strategia, che però non può prescindere da una maggiore collaborazione nel campo dell’intelligence, della cibersicurezza, e nello sviluppo dell’industria europea della difesa».

Fabio Pizzul (PD): «Il presupposto per un esercito comune europeo, è quello che si creino prima gli Stati Uniti d’Europa, ovvero una politica comune più forte a cui il potere militare sia assoggettato. Integrare le diverse difese degli stati membri per difendere il diritto internazionale e la pace, è invece un obiettivo concretamente realizzabile fin d’ora e che auspico».

Fabio Bottero (PD): «Il tema della difesa comune, come dite bene, è ancora più centrale. Occorre accelerare su questo processo per ragioni di deterrenza nei confronti dell’autocrate Putin, oggi vero pericolo, ma soprattutto perché una voce unica in materia di difesa impone a sua volta una voce unica nella diplomazia, e una diplomazia autorevole può e deve esserci per portare a cessate il fuoco e per intavolare percorsi di Pace».

Caterina Avanza (Siamo Europei con Azione con Calenda): «In un contesto caratterizzato da crescenti tensioni alle nostre porte, la creazione di un sistema di difesa comune europeo, sinergico alla Nato, è fondamentale per la nostra sicurezza. La conseguenza dell’avventata spinta imperialista di Putin deve essere un immediato potenziamento della cooperazione militare dei paesi dell’Unione, come già previsto dal Trattato di Lisbona, con il fine ultimo di creare entro 10 anni un esercito unico europeo. Per raggiungere questo obiettivo sarà necessario delegare all’Unione la politica estera, oltre che prevedere la messa in comune dei mezzi di produzione degli armamenti, standardizzare i mezzi di difesa dei 27 Paesi, oggi tutti differenti e incompatibili tra loro».

Giuseppe Zollino (Siamo Europei con Azione con Calenda): «Ritengo serva un’Unione della Difesa e forze armate europee, per contenere la minaccia russa e a sostegno della politica estera UE. Serve una Forza europea di reazione rapida e un Commissario alla Difesa che indirizzi le spese dei Paesi membri e finanzi con eurobond progetti di difesa comune. Il tutto in coerenza con la missione e l’operatività della NATO».

2) Uniformare fiscalmente l’Unione Europea è indispensabile anche per unificare meglio il mercato e non lasciare spazio alla “concorrenza sleale”: Che ruolo può avere il Parlamento Europeo per superare egoismi e ritrosie degli Stati a creare una sola Europa fiscale?

Patrizia Toia: «Per tutto ciò che concerne l’avanzamento del processo di integrazione e il superamento degli egoismi degli Stati, in tutti i campi e anche in quello fiscale, il Parlamento europeo ha un ruolo centrale e crescente, non ancora pienamente riconosciuto da analisti, giornalisti e opinioni pubbliche. L’Ue si trova a dover sistematizzare e rendere strutturali e ordinate le novità introdotte a seguito delle molteplici crisi di questi anni ed è allora che torna centrale il Parlamento europeo, l’unico organo legislativo dell’Ue eletto direttamente dai cittadini. Oggi la necessità di avanzare sull’armonizzazione del Mercato Unico illustrata dal rapporto Letta è molto sentita tra gli eurodeputati così come c’è grande consapevolezza che per farlo bisognerà superare le resistenze degli Stati membri».

Emanuele Fiano: «L’armonizzazione fiscale europea è un punto essenziale del nostro programma, che considera l’omogeneità degli aspetti più rilevanti delle regole economiche dei singoli stati come essenziale per costruire un’Europa solidale. Non possiamo permetterci sacche di privilegio in Europa per le aziende che ovviamente guardano con molto interesse ai paesi comunitari sede di vantaggio fiscale, ma questo determina migrazioni di sistemi industriali e dunque perdita di lavoro, occupazione, ricchezza. L’Europa deve essere una, con il massimo possibile di regole omogenee».

Irene Tinagli: «Con i trattati attuali, il Parlamento, anche attraverso l’istituzione di una sottocommissione dedicata alle questioni fiscali, sta promuovendo dibattiti e risoluzioni per superare le resistenze degli Stati e favorire convergenze politiche. Solo una modifica dei trattati, che superi l’unanimità e conferisca al Parlamento il ruolo di co-legislatore pieno, permetterà una vera armonizzazione fiscale. Il Parlamento si è impegnato in tutte le sedi, inclusa la Conferenza sul futuro dell’Europa, per modificare i trattati in tal senso».

Fabio Pizzul: «Per garantire un mercato unico più equo e competitivo all’interno dell’UE, il Parlamento Europeo deve promuovere una politica fiscale europea più armonizzata attraverso il suo potere di codecisione legislativa, vigilare sull’attuazione degli accordi e delle direttive comunitarie, favorire l’affermarsi di una cultura unitaria che superi i particolarismi nazionali».

Fabio Bottero: «E’ un tema molto interessante e ambizioso. Quanto ci aiuterebbe in un quadro di evasione così imponente? Sarebbe un fattore di regolazione anche sul tema della competitività del sistema paese. Insomma, a noi converrebbe, ma con questa destra amica degli evasori la vedo dura. Un’Europa fiscale è la base per sistemi sanitari coordinati, per un welfare comune. Vi sono modelli e nazioni virtuose: noi, anche se la destra lo sta minando, abbiamo un modello sanitario universalistico che può essere una buona base, ad esempio, su scala Europea».

Caterina Avanza: «Nonostante la competitività sia materia esclusiva dell’Unione europea, i singoli paesi hanno troppa discrezione per quanto riguarda l’attuazione delle politiche inerenti: questa zona grigia ha lasciato la possibilità ad alcuni di loro, come Cipro, Malta, Lussemburgo, Ungheria, Olanda e Irlanda, di mettere in atto pratiche fiscali sleali per attirare capitali ed investimenti. Un’unica Autorità antitrust europea che garantisca l’attuazione uniforme dei regolamenti, l’obbligo di una tassazione uguale per tutte le imprese e un ritorno a un regime ordinario per gli aiuti di Stato sono i primi passi per mitigare gli effetti negativi della concorrenza sleale interna all’Unione».

Giuseppe Zollino: «Senza poteri di iniziativa legislativa il Parlamento può “esercitare pressione” perché il tema della maggiore uniformità fiscale e anche salariale sia affrontato in Consiglio e dalla Commissione con la stessa attenzione riservata agli aiuti di Stato».

3) L’Europa, per poter crescere, non può permettersi un aumento delle diseguaglianze: quali sono le misure più urgenti per contrastarle nel campo sociale, della salute e del lavoro?

Patrizia Toia: «Le misure più urgenti sono tre: la formazione, la formazione e la formazione. Poi bisogna concretizzare tutti i principi enunciati dal Pilastro Sociale Europeo, dalla sanità pubblica ai diritti del lavoro, ma sono convinta che la sfida europea sia quella della formazione. Le aziende fanno fatica a trovare il personale di cui hanno bisogno, c’è un grande problema demografico destinato ad accentuarsi e siamo all’inizio del più grande cambiamento tecnologico della storia dell’umanità, l’intelligenza artificiale, che rischia di lasciare fuori dal mondo del lavoro milioni di persone, con tutte le conseguenze sociali e politiche che questo comporterebbe in termini di diseguaglianze. Solo un investimento massiccio in educazione di qualità e formazione può trasformazione questi rischi in opportunità».

Emanuele Fiano: «Contrastare le diseguaglianze significa imporre regole comuni sui diritti basilari. Tra questi nel campo del lavoro, la battaglia per il salario minimo europeo come valore comune è una di queste, così come una battaglia per una quota obbligatoria nei bilanci dei singoli stati per il finanziamento della sanità pubblica, ma anche più in generale, regole ferree sulla salvaguardia dei diritti umani e politici nei singoli stati, con provvedimenti più pesanti di quelli attuali in caso di inosservanza delle norme comuni, fino all’espulsione di quelle democrazie che tanto democrazie non sono».

Irene Tinagli: «La convergenza verso l’alto del livello dei salari, evitando pratiche di dumping, deve essere la priorità in materia del lavoro nella prossima legislatura attraverso un pieno recepimento e applicazione della direttiva sui salari minimi. Particolare attenzione poi all’attuazione in Italia per contrastare l’uso diffuso di contratti pirata nel mercato del lavoro nazionale. Accanto a questo, costruire un’Europa sociale a partire da un’Unione della Salute, creando una nuova competenza comune in materia di malattie rare, assieme alla creazione di un’infrastruttura comunitaria di ricerca e l’impegno per un grande istituto pubblico per produzione, ricerca, distribuzione di vaccini e farmaci».

Fabio Pizzul: «Per ridurre le disuguaglianze, è fondamentale investire in politiche sociali robuste, garantire l’accesso universale ai servizi sanitari in tempi certi, promuovere il lavoro e l’istruzione di qualità, valorizzare le peculiarità dei territori, il tutto coinvolgendo enti locali, imprese e terzo settore anche a livello comunitario».

Fabio Bottero: «Lo ha detto Draghi, lo ripetono gli studiosi più avveduti: l’Europa deve essere da traino sui grandi temi epocali: la digitalizzazione, l’AI, la conversione ecologica. Tre temi che sono sfidanti, ma che possono creare un allargamento fra chi può e chi non può e crisi occupazionali che vanno governate. L’Europa dovrà aiutare economicamente, sostenendo e finanziando con piani simili al Next Generation Eu la parte più fragile. Che vuol dire cittadini, ma anche imprese in difficoltà, agricoltori disposti a investire in processi di innovazione. La conversione ecologica, così come l’AI, deve essere un gran processo collettivo e popolare, altrimenti se sarà per censo sarà un disastro».

Caterina Avanza: «Un punto centrale del nostro programma elettorale è la fondazione di un nuovo sistema di welfare 4.0 che comprenda anche il sussidio di disoccupazione europeo. Occorre un “New Deal Digitale” al passo coi cambiamenti del mercato del lavoro in tema di transizione ecologica e digitale. Il transitional found è un primo tentativo di accompagnamento per la formazione dei lavoratori impiegati in settori a forte emissione di Co2, per esempio le centrali a carbone, che necessitano un ricollocamento. Urgente è eliminare anche le disuguaglianze di genere, il sottoimpiego femminile nel nostro paese ci costa fino a 10 punti del PIL, serve un piano specifico a livello europeo per incitare l’impiego femminile».

Giuseppe Zollino: «Occorre un PNRR per i diritti sociali, un “New Deal” per l’uomo nell’era digitale. Non può esistere oggi un’equa distribuzione della ricchezza senza un’equa distribuzione della conoscenza. Per quanto riguarda la sanità, ci impegneremo per la riaperta del MES Sanitario».

4) La strategia di crescita a lungo termine dell’UE sarà possibile senza superare il diritto di veto dei singoli paesi? E lasciando in posizione dominante il Consiglio rispetto alle altre istituzioni dell’Unione? Cosa propone per accelerare il processo di costituzione di una Unione Europea all’altezza della sfida globale, che si gioca oggi, non in un futuro indefinito?

Patrizia Toia: «No, l’Unione europea non può crescere né continuare a funzionare con un diritto di veto che oggi permette al premier ungherese Orban di bloccare l’Ue su ogni decisione chiave. La strada delle riforme è chiarissima e l’abbiamo messa nero su bianco più volte, da ultimo grazie alla Conferenza sul Futuro dell’Europa, a cui ho partecipato personalmente, in cui attraverso un grande percorso inclusivo che ha dato voce ai cittadini europei, sono state indicate le riforme istituzionali necessarie per rendere l’Unione europea capace di rispondere alle aspettative. Molte cose si possono fare subito, non bisogna aspettare i tempi lunghi di una riforma dei Trattati e delle necessarie ratifiche nazionali, ma c’è bisogno di una forte volontà politica. Alla fine sulla possibilità di avere un’Unione europea all’altezza della sfida globale l’ultima parola spetterà ai cittadini».

Emanuele Fiano: «Ovviamente la risposta è che noi vogliamo rafforzare il ruolo del Parlamento europeo eletto dalle cittadine e dai cittadini europei e aumentando il numero di materie che vengono codecise con il consiglio europeo, Con il trattato di Lisbona, la procedura di codecisione è divenuta la procedura legislativa ordinaria. Rientrano in questa procedura oltre quaranta nuovi ambiti, come la libertà, la sicurezza e la giustizia, il commercio estero, la politica ambientale e la politica agricola comune. Noi vogliamo però in questa legislatura portare ad un livello perlomeno di parità decisionale anche le materie che oggi relegano il Parlamento ad una procedura unicamente di consultazione che invece ancora continua ad applicarsi in materie come il regime fiscale, la concorrenza, l’armonizzazione delle legislazioni non correlate al mercato interno e ad alcuni aspetti della politica sociale. E infine oltre ad elevare il ruolo del Parlamento, dovremo lavorare per ridurre l’obbligatorietà del voto unanime in Consiglio europeo, magari ottenendo la possibilità di ottenere votazioni a maggioranza qualificata oppure proponendo deroghe su materie fondamentali all’uso del diritto di veto, perché sul modello dei meccanismi decisionali nel consiglio europeo si gioca una partita decisiva sul futuro ruolo nel mondo della UE».

Irene Tinagli: «Per giocare un ruolo da protagonista a livello globale l’UE deve colmare i suoi ritardi nella transizione digitale e mantenere il vantaggio competitivo acquisito su quella ambientale. Per farlo sono necessari investimenti, che i singoli Paesi da soli non possono sostenere. Ci vuole un piano europeo per questo. Chi si oppone cerca di lucrare un vantaggio interno all’UE, ma la vera partita è fuori di noi».

Fabio Pizzul: «È fondamentale superare il diritto di veto dei singoli paesi, che spesso ostacola decisioni rapide e efficaci su questioni cruciali, passando a votazioni a maggioranza qualificata per tutti i settori di competenza dell’Unione europea, e modificando le strutture istituzionali in modo che il ruolo del Parlamento Europeo sia rafforzato».

Fabio Bottero: «Il diritto di veto va superato. Punto. E il Parlamento deve avere poteri reali. Occorre andare verso un’Europa Federale. La pandemia e le guerre di questi anni ce lo dicono. Chi arretra è propone l’Europa degli egoismi nazionali ci conduce verso la recessione, verso la subalternità economica e sociale rispetto ai colossi USA e Cina, e all’irrilevanza totale rispetto ai paesi in via di sviluppo. Se non agiremo saremo più egoisti, più soli e più poveri. Questo è il “vasto programma” della destra che noi dobbiamo sconfiggere l’8 e 9 giugno».

Caterina Avanza: «Riteniamo di massima importanza il superamento del voto di unanimità in Consiglio europeo che, come già si è verificato, viene utilizzato come arma di ricatto da alcuni Stati per interessi interni, anche su tematiche urgenti, rallentando il processo democratico e portando al raggiungimento di insoddisfacenti compromessi al ribasso. Se vogliamo che l’Unione europea giochi un ruolo centrale sullo scacchiere globale dobbiamo velocizzarne il processo decisionale, dando potere legislativo al Parlamento, l’unico organo eletto direttamente dai cittadini e spostando i poteri di emergenza in caso di crisi dal Consiglio alla Commissione. Siamo contrari all’allargamento dell’UE senza previa la riforma dei trattati e l’eliminazione dell’unanimità».

Giuseppe Zollino: «NO, va eliminato il voto all’unanimità in Consiglio e il Parlamento va dotato di poteri di iniziativa legislativa. Serve che l’UE pensi e agisca da potenza globale: si dia le giuste priorità (politica industriale comune), divenga più autonoma su materiali e beni strategici, si doti di politiche ambientali ed energetiche autenticamente sostenibili».

Si vota sabato 8 giugno dalle 15.00 alle 23.00 e domenica 9 giugno dalle 7.00 alle 23.00. Ciascuno vota nel proprio seggio di riferimento con documento di identità valido e tessera elettorale. Per votare occorre tracciare la X sul simbolo della lista e poi si possono esprimere fino a 3 preferenze purché di genere diverso (cioè due uomini e una donna oppure due donne e un uomo), scrivendo i cognomi dei candidati che si intende votare sulle righe accanto al simbolo. Il voto solo alla lista non va ad alcun candidato. Non è ammesso il voto disgiunto, cioè non è possibile votare una lista e dare le preferenze a candidati di un’altra lista. Verranno eletti i candidati che otterranno il maggior numero di preferenze.

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