Di Goffredo Bettini.
Articolo pubblicato da Il Riformista in risposta a Enrico Morando.
Gentile direttore, nel ragionato e intelligente articolo di Enrico Morando pubblicato ieri sul suo giornale, nel finale vi sono affermazioni che riguardano Zingaretti e il sottoscritto prive di fondamento.
1. Nel corso del Governo Conte 2 non ho mai parlato di una alleanza strutturale e strategica con il Movimento 5 Stelle. Anzi, non ho mai capito bene cosa questi termini volessero significare. Ho detto, al contrario, che occorreva una intesa politica più forte tra il Pd e i 5 stelle in quanto se si intende governare insieme fino alla fine della Legislatura, come era stato dichiarato, avendo in mezzo anche l’elezione del Presidente della Repubblica, occorre non convivere da nemici o avversari ma in un clima di rafforzata collaborazione. Non perché tale collaborazione scaturisca da una necessità strategica epocale, ma per il bene dell’Italia; che non ha bisogno di governi litigiosi, bensì uniti e fattivi.
2. L’attuale discussione sull’alleanza tra Pd e 5S riferita al futuro, ha un sapore, per me, difficilmente sopportabile, di posizionamento interno al Pd, in vista del Congresso. Nessuno può dire come evolverà la dinamica lacerante nel movimento di Grillo. Cosa sarà tra qualche mese, tra un anno, nel tempo che verrà il Movimento 5S, né come il patrimonio di credibilità che Conte continua ad avere, sarà speso da lui nella battaglia politica e democratica. La cosa certa, in questo momento, è che il Partito Democratico, fondamentale in questi mesi per salvare la Repubblica, sceglie un suo profilo più netto ed espansivo. Su questo è evidente che ci sono diverse opinioni nel partito; e, francamente, sento l’urgenza di scegliere una strada chiara. Comunque a prescindere da come si evolveranno i soggetti politici del campo democratico, mi pare evidente che la vocazione maggioritaria del Pd non deve portarci ad una boriosa autosufficienza. Come è stato in occasione della sonora sconfitta del 2018. Occorre, quindi, in ogni caso, costruire alleanze e allargare il campo antipopulista e antisovranista.
3. L’intergruppo tra Pd, 5 Stelle e Leu al Senato è stato promosso dal capogruppo Andrea Marcucci. Credo per prevalenti ragioni d’Aula, che non hanno niente a che fare con le future strategie del Partito democratico. Comunque quella che Morando definisce una iniziativa “improvvida e così maldestra” non è stata minimamente ispirata dal sottoscritto, che non ne sapeva niente e, che la ritiene un po’ improvvisata.
4. Infine, la linea da me sostenuta di difendere Conte fino alla fine è stata votata all’unanimità dagli organismi dirigenti nazionali del partito. Che hanno escluso governi con la Lega e cambi di cavallo rispetto al Premier. Il carattere avventuroso della crisi è dimostrato, comunque, dalla scelta d’emergenza che il Presidente Mattarella ha dovuto assumere chiamando in campo una personalità eccezionale come Mario Draghi, che mai in precedenza aveva fatto trapelare una sua disponibilità. Se noi non avessimo tenuto tale linea di fermezza e ci fossimo sfilati dal sostegno al Governo di cui eravamo l’architrave decisivo, si sarebbe creata una situazione di confusione del tutto irresponsabile. Al contrario la nostra coerenza e lealtà rispetto al precedente Governo ha permesso di portare l’insieme dello schieramento democratico a sostegno del tentativo di Draghi. E di permettere persino a Conte, che aveva in tasca la fiducia, anche se fragile, dei due rami del Parlamento, di aiutare con rara generosità ed eleganza politica la formazione del nuovo Esecutivo.