Di Michele Salvati.
Articolo pubblicato da Il Foglio.
Nell’estate del 1989 il collasso dell’Unione sovietica era imminente e la stessa tradizione riformista del Pci era a rischio. Insieme a Salvatore Veca (io non ero mai stato iscritto a quel partito, proprio per il suo legame con l’Unione sovietica) mandammo a Rinascita un articolo che venne pubblicato col titolo “Se non ora, quando?” e con un commento rispettoso ma negativo di Fabio Mussi. In esso proponevamo un congresso straordinario e un cambio di nome, da Partito comunista italiano a Partito democratico della sinistra, nome che dopo “la svolta” venne di fatto adottato.
Queste vicende sono state rievocate di recente in molte pubblicazioni dedicate al centenario del congresso di Livorno e mi riconosco completamente nella ricostruzione di quella temperie presentata nei due libri di Claudio Petruccioli, sia quello scritto con Emanuele Macaluso (Comunisti a modo nostro, Marsilio), sia in Rendiconto, Nave di Teseo. Il titolo dell’ultimo capitolo, “Com’è difficile uscire dal Pci”, si attaglia perfettamente alla situazione odierna, se vi aggiungiamo una postilla dal titolo “e com’è difficile uscire dalla Dc”: l’amalgama non riuscito” (copyright D’Alema), l’esito finale del processo, il Partito democratico, è stato infatti impastato con materiali comunisti e democristiani. Insomma com’è difficile uscire dal passato.