Di Andrea Poggi.
Articolo pubblicato dal Corriere della Sera.
Con la nascita del ministero della Transizione ecologica, l’Italia fa un grande passo in avanti nel ridisegnare le proprie priorità strategiche per il futuro. Secondo la nuova ripartizione delle competenze ministeriali sancita da un atteso decreto del governo Draghi, infatti, nel nuovo dicastero convergeranno materie e autorità che mostrano la profonda interconnessione di innovazione e sostenibilità. Un’azione necessaria e attesa, figlia del ruolo sempre più centrale che la sostenibilità ricopre e ricoprirà nelle nostre vite post Covid.
Parliamo dunque di un nuovo paradigma che si esplica nelle sue diverse dimensioni: ambientale, con il ripensamento del nostro modo di consumare e di abitare le città; sociale, con una riflessione sull’etica delle nostre scelte e sulla società che stiamo costruendo; ed economica, con il ridisegno delle pratiche e dei modelli di business con cui creiamo valore per la comunità tutta. Questo nuovo, più ampio, concetto di sostenibilità deve essere sostenuto dunque da strumenti adeguati, che siano nuovi, trasversali e omnicomprensivi.
L’innovazione trova qui la sua perfetta collocazione: da noi definita come antropocentrica, cioè, sempre più pensata su misura dei bisogni dell’uomo, l’innovazione, oggi, deve anche essere a misura di ambiente. Solo così il ministero della Transizione ecologica riuscirà a traghettare il Paese verso la transizione sostenibile, consapevole della necessità di definire e implementare iniziative coraggiose che rispondano all’ambizioso paradigma della sostenibilità, facendo leva su una nuova dimensione più umana dell’innovazione.
Tale consapevolezza è stata una prerogativa del nuovo esecutivo che, non a caso, ha nominato come ministro il fisico Roberto Cingolani, già direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e responsabile dell’innovazione tecnologica di Leonardo.