Articolo di Marco Leonardi pubblicato da Il Foglio.
Ultimamente le stime della crescita del PIL sono sempre poco accurate e devono spesso essere riviste in maniera drastica. Fortunatamente da ultimo le stime sono state riviste al rialzo, per esempio Confindustria ha rivisto la stima del PIL 2024 da +0.5% a +0.9%.
Le ragioni per cui i modelli congiunturali hanno perso precisione possono essere diverse: le variazioni del PIL post-covid effettivamente sono state molto più ampie del normale; alcuni indicatori dell’andamento del PIL come i consumi elettrici hanno perso significato e da quando c’è stato il boom di prezzi vi sono state delle riduzioni dei consumi a parità di produzione; infine i consumi (che sono larga parte del PIL) hanno cambiato stagionalità e molto spesso adesso si spende più per le vacanze estive (spalmate su diversi mesi) che per il Natale.
In questo quadro c’è una sola certezza: che il PIL dei prossimi anni (stimato a un buon 1% sia nel 2025 che nel 2026) dipende dall’esecuzione integrale del PNRR. Da questo punto di vista la rimodulazione del PNRR da parte del governo Meloni, avendo spostato le spese del PNRR nel 2025 e 2026 ha aiutato a migliorare le stime di crescita dei prossimi due anni. D’altro lato si è creato un paradosso: tutti dicono che la crescita dipende dal PNRR ma siccome i dettagli della rimodulazione sono fumosi e l’esecuzione è ancora incerta, nessuno si arrischia più a dire quanto esattamente della crescita dipende dal PNRR. Ci si affida però comunque alla condizione che il PNRR sia eseguito per intero.
Viva il PNRR dunque. Ma alla tavola 2.4 del DEF leggiamo che gran parte delle stime di crescita attribuite al PNRR sono attribuite non tanto agli investimenti ma alle riforme e che, tra le riforme, la riforma delle politiche attive del lavoro (che si chiama GOL: garanzia occupabilità e lavoro) vale ben 1.5% su un totale cumulato di crescita del +3.3% al 2026. La riforma del mercato del lavoro contribuisce con la quota di gran lunga maggiore (quasi la metà), quella della pubblica amministrazione lo 0,9%, quella della giustizia lo 0,4%, quella della concorrenza e degli appalti solo lo 0.1%.
Diventa allora cruciale capire come sta andando la riforma del mercato del lavoro e se davvero plausibilmente potrà essere responsabile di quasi la metà della crescita complessiva da qui al 2026. Intendiamoci, può benissimo essere, e tutti ce l’auguriamo, che l’occupazione continui ad andare molto bene e che quindi contribuisca in buona misura alla crescita. Ma il fatto che l’occupazione vada bene può essere anche del tutto indipendente dal successo della riforma del mercato del lavoro. In altre parole le stime del Def attribuiscono alla riforma del mercato del lavoro quel che in realtà è indipendente dalla riforma. Da un certo punto di vista sarebbe un bene perché la riforma GOL del PNRR, per quanto se ne sa, non sta andando molto bene.
La riforma GOL è fatta sostanzialmente di 2 obiettivi: un primo obiettivo di presa in carico di 3 milioni di disoccupati entro il 2026 di cui 800mila in formazione. La riforma del lavoro inoltre riguarda anche la dotazione sia umana che materiale dei centri dell’impiego che effettivamente è molto migliorata da 8000 a oltre 15000 persone. Per creare davvero quel 1.5% di crescita la riforma deve davvero migliorare le competenze dei lavoratori.
La presa in carico dei disoccupati è, oggi, ancora largamente di tipo amministrativo e in quanto tale difficilmente può contribuire alla crescita tanto è vero che la commissione europea ha fatto notare che per considerare un disoccupato “trattato” ai fini del conteggio in sede di rendiconto non è sufficiente fermarsi alla presa in carico amministrativa ma è necessario che la persona segua percorsi specialistici, come l’orientamento al lavoro. Fortunatamente per il raggiungimento dell’obiettivo vale anche l’occupazione e quindi da quel punto di vista siamo salvi: anche se i lavoratori hanno trovato un’occupazione indipendentemente dai servizi per il lavoro (centri per l’impiego e operatori privati), comunque l’avvio al lavoro conta come raggiungimento del target PNRR. Anche l’obiettivo di formazione come tale difficilmente può essere davvero responsabile dell’aumento della crescita. Gli operatori privati non stanno collaborando quanto si sperava a fornire formazione ai disoccupati e preferiscono fare somministrazione o ricerca e selezione di personale che sono molto più remunerativi; d’altra parte la formazione che noi siamo abituati a fornire è di tipo molto semplice mentre invece una formazione mirata sulle esigenze delle imprese, sarebbe quella che davvero potrebbe aumentare la crescita,.
In conclusione la riforma GOL dovrebbe essere una riforma strutturale che mette in grado i centri dell’impiego e gli operatori privati di fornire servizi veri di orientamento e accompagnamento al lavoro e la formazione di essere una formazione ad hoc per posti di lavoro che sono stati individuati in precedenza . Così non è, ma forse siamo fortunati e l’andamento positivo dell’occupazione, indipendente dalla riforma, salverà forse anche un po’ di crescita (ma non tutta).