Di Mario Oro, Responsabile del Dipartimento Trasformazioni Urbane della Federazione PD Milano Metropolitana.
Intervento agli Incontri Riformisti 2021 a Eupilio.
È ormai riconosciuto che nei prossimi anni la trasformazione dei centri urbani e dei territori avverrà con sempre maggior decisione attraverso processi di rigenerazione che ci si aspetta possano essere l’occasione anche per promuovere nuove pratiche e sensibilità sociali, economiche e ambientali.
La rigenerazione urbana diventa quindi la sfida per migliorare la competitività del territorio e l’occasione, per lo sviluppo del sistema produttivo.
I contenuti e gli strumenti per innescare questo processo sono stati un attento studio sulla rigenerazione urbana e sull’opportunità che essa può generare nello sviluppo delle nostre città.
Oltre ai numerosi fattori positivi di tale politica, i principali problemi legati al suo complesso funzionamento all’interno della città esistente sono: la rigidità degli spazi urbani e l’esigenza di risorse economiche difficilmente rintracciabili.
Comunque la rigenerazione urbana risulta essere la modalità che meglio si presta alla riprogettazione delle città esistenti e future. Essa svolge questa funzione attraverso tre capisaldi: la città fisica, che comprende ciò che riguarda la percezione e la trasformazione dei luoghi; il modello di sviluppo, inteso come un nuovo trend di crescita e competitività attraverso la creazione di occasioni per attrarre investimenti; le esigenze sociali, ossia un’attenzione particolare alle necessità della popolazione e di tutta la società, facendo in modo che gli attori sociali siano protagonisti del progetto rigenerativo.
Gli obiettivi della rigenerazione urbana sono QUINDI molteplici: • ridare efficienza ad un patrimonio esistente in gran parte obsoleto per vetustà e non più corrispondente alle attuali normative; • massimizzare la sostenibilità degli edifici in termini di consumo energetico, approvvigionamento idrico, resistenza sismica, comfort climatico e acustico • adeguare il patrimonio edilizio esistente – e gli spazi urbani nei quali si colloca – ai nuovi stili di vita e alle attuali pratiche sociali (comprese quelle relative alla mobilità); • contribuire alla sostenibilità ambientale del territorio, in particolare ai cambiamenti climatici; • fornire un contributo all’inclusione sociale e allo sviluppo economico della città (es. nuove forme di lavoro, unione tra manifattura digitale e tradizione artigianale). Oltre ad essere importanti sfide politiche, gli obiettivi della rigenerazione urbana rappresentano grandi ambiti di sviluppo economico, innovazione, La rigenerazione urbana va intesa come rigenerazione di tutta la città, non solo di alcune parti di città ovvero delle sue parti dismesse o sottoutilizzate. Fino ad anni recenti, infatti, la riqualificazione era legata alla trasformazione economica che lasciava dietro di sé modelli di sviluppo superati (è il caso delle aree industriali dismesse), ma oggi è sempre più evidente che: • anche altre funzioni sono interessate da processi di abbandono e sottoutilizzo: il terziario, il commercio (sia gli esercizi di vicinato che i grandi centri commerciali), ma anche la residenza invenduta; • la rigenerazione non riguarda solo gli edifici, ma anche le infrastrutture tecnologiche, i sottoservizi.
È sempre più chiaro, però, che la possibilità di attivare in forma diffusa processi di rigenerazione in grado di rispondere alle aspettative è connessa alla capacità di adottare un approccio multidisciplinare al tema, che risponda a 5 aree tematiche più rilevanti su cui è necessario concentrare l’attenzione e sviluppare proposte operative con il contributo di tutte le professionalità necessarie, finalizzate a promuovere un contesto normativo adeguato alle nuove sfide.
1. Porre il contenuto al centro la rigenerazione urbana vuol dire innanzitutto ribaltare l’approccio tradizionale al tema della trasformazione della città, di tipo prettamente urbanistico-edilizio: l’intervento edilizio di ristrutturazione diventa un mezzo, non più il fine, l’attenzione del progetto è rivolta al programma funzionale, che significa affrontare la destinazione d’uso degli spazi dal punto di vista progettuale, a partire dall’identificazione dei fruitori finali degli spazi e delle loro esigenze.
2. Rispondere ai bisogni della città anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli attori. L’importanza attribuita al contenuto degli edifici e degli spazi aperti fa emergere con forza la necessità di identificare correttamente i bisogni della città e dei cittadini.
3. Facilitare il riuso del patrimonio esistente. Il rapporto tra il contenuto (ovvero le destinazioni d’uso) e il contenitore (l’edificio) non può più essere considerato fisso, in quanto gli usi sono strettamente legati alle esigenze contingenti della città e dei suoi cittadini/imprese/investitori, in mutamento sempre più rapido. La necessità di regole capaci di rispondere a questo continuo bisogno di adeguamento/adattamento incide sia sulla programmazione sia sulla progettazione. Dal punto di vista pianificatorio servono norme in grado di garantire facilmente e a costo ridotto cambi di destinazione d’uso, tempi decisionali ristretti; ma anche la progettazione va rivista in relazione al fatto che gli edifici non sono destinati ad ospitare la stessa destinazione d’uso per tutta la loro durata.
4. Incentivare la rigenerazione con strumenti dedicati di finanza e fisco, poiché intervenire sulla città costruita è oggi più oneroso che intervenire su aree libere, quindi c’é un problema di sostenibilità anche economica degli interventi.
5. Progettare interventi che garantiscano il funzionamento e la sostenibilità della città. La percezione della qualità urbana è sempre più collegata al tema del comfort, che è entrato tra le componenti del valore economico di un immobile. Questa accezione della qualità urbana intesa come comfort degli spazi, ha evidenti ricadute sulla necessità di trasformazione continua delle città in rapporto al trasformarsi sempre più rapido delle esigenze di comfort e uso.
Tutte queste tematiche sono sintetizzate bene nella città di Milano che è già un laboratorio di politiche, di innovazione normativa, progettuale, manifatturiera, di servizi, e di pratiche sociali.
Una Milano che corre, si trasforma, sfoderando un potenziale attrattivo come forse non si era mai visto prima.
E’ una Milano che attira investimenti immobiliari e attività produttive. Secondo alcuni istituti di qui al 2030 la città attirerà 13 miliardi per il suo sviluppo urbanistico. Gli investimenti immobiliari arriveranno per il 48% dall’estero, e a beneficiare delle risorse e delle ricadute in termini di servizi pubblici per i residenti saranno i quartieri fuori dai Bastioni.
Anche molte delle attività produttive vanno ad insediarsi nelle zone periferiche della città, mutandole e rivitalizzandole. Si capovolge il punto di vista che ha sempre considerato le periferie come “territori di risulta” e in molti parlano ormai di “centralità periferiche”. In una città dove le periferie sono in cerca di simboli per il riscatto economico e sociale, il lavoro può essere il motore di un nuovo rinascimento urbanistico.
Infatti delle mille grandi aziende in città (quelle con fatturato annuo superiore ai 50 milioni di euro), una su quattro ha scelto la periferia. E se, a monte, c’è la ragione di spazi, con la necessità di metrature che spinge fuori dal centro, a valle l’ effetto è la nascita di nuovi poli cittadini attorno a cui sviluppare interi quartieri.
Alcune realtà tecnologiche già animano le zone, come Fastweb- Vodafone -Sky – Siemens.
Contestualmente, Milano negli ultimi anni ha visto crescere anche il numero dei suoi abitanti. L’indice demografico da tempo è costantemente indirizzato verso l’alto, Lo stesso dicasi per la città metropolitana.
A Milano si viene per abitarci, per lavoro ma anche per studiare. Sale quindi la richiesta abitativa, ma anche la richiesta di prezzi e affitti accessibili. Dunque il riscatto delle periferie passa anche da lì, nel soddisfacimento di una esigenza primaria, quella della casa e nell’ assicurare a chi ne ha bisogno un alloggio dignitoso.
A livello centrale, il D.L. 18 aprile 2019, n. 32, meglio noto come decreto Sblocca cantieri, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici”, ha posto come obiettivo del Governo una riduzione del consumo di suolo a favore della rigenerazione del patrimonio edilizio esistente incentivandone la razionalizzazione, promuovendo e agevolando la riqualificazione di aree urbane degradate. In tempi più recenti, con la nuova Legge di Bilancio 2020 è stata prevista, per gli anni dal 2021 al 2034, l’assegnazione ai Comuni di 8,5 miliardi di euro destinati a progetti di rigenerazione urbana volti alla riduzione di fenomeni di marginalizzazione e degrado sociale, nonché al miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale indirizzati ai soli Comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
Legislazione regionale in materia di rigenerazione è più varia
Con D.L. n. 32/2019 la Regione Lombardia con la legge regionale n. 18 del 26 novembre 2019 e delle successive deliberazioni della giunta regionale si è posta l’obbiettivo di facilitare gli interventi di rigenerazione urbana e territoriale e di recupero del patrimonio edilizio esistente, con alcune misure di incentivazione, quali:
• l’abbattimento del 60% degli oneri di urbanizzazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia nonché di demolizione e ricostruzione, anche con diversa sagoma, e/o di ampliamento mediante l’utilizzo di premialità dei diritti edificatori,
• l’incremento fino al 20% dell’Indice di edificabilità massimo previsto dal PGT (Piano di Governo del Territorio) ed ulteriori riduzioni degli oneri di urbanizzazione e del contributo sul costo di costruzione per edifici che raggiungono particolari requisiti di qualità.
Altre Regioni in precedenza rispetto all’intervento statale si erano già cimentate nell’approvare disposizioni legislative
• Puglia, è stata una delle prime regioni a muoversi su questo che, con la L.R. n. 21 del 29 luglio 2008, “Norme per la rigenerazione urbana” ha introdotto i Programmi integrati di rigenerazione urbana (PIRU), che “comportano un insieme coordinato d’interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio-economico”, e di cui si sono dotati molti comuni. Nonostante abbia ormai 12 anni, resta una delle leggi più chiare e avanzate in materia, tanto da essere ancora in vigore e trovare numerosi riferimenti nella legislazione regionale successiva.
• Piemonte con la L.R. 16/2018, “Misure per il riuso, la riqualificazione dell’edificato e la rigenerazione urbana”, presenta le stesse criticità della legge lombarda, limitandosi a incentivare la ristrutturazione e sostituzione edilizia tramite bonus volumetrici e la riduzione del contributo di costruzione.
• Veneto con la L.R. n. 14 del 4 aprile 2019, avente per oggetto “Veneto 2050: politiche per la riqualificazione urbana e la rinaturalizzazione del territorio e modifiche alla L.R. n. 11 del 23 aprile 2004 – Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”, che ha fatto seguito alla L.R. n. 14 del 6 giugno 2017 Anche in questo caso però si ragiona per lo più in termini di premialità volumetriche,
• Provincia Autonoma di Trento,
• Friuli si parla unicamente di ampliamenti nel “Codice regionale dell’edilizia”.
Emilia Romagna. Ha seguito una strada diversa, inserendo le misure a favore della rigenerazione urbana all’interno della nuova L.R. n. 24 del 21 dicembre 2017. In questo caso, sono stati messi in campo alcuni milioni a sostegno dei singoli progetti, dando un respiro piuttosto ampio alle proposte, sia pubbliche che private: resilienza ai cambiamenti climatici, realizzazione di parchi urbani e spazi per la mobilità sostenibile, recupero d’immobili dismessi per funzioni pubbliche e collettive, riqualificazione degli spazi pubblici e dei centri storici, ricucitura con i nodi della mobilità pubblica e con le stazioni.
Liguria. Qui la rigenerazione urbana è inserita nella nuova L.R. urbanistica n. 23 del 29 novembre 2018, che individua semplicemente “la rigenerazione urbana quale alternativa strategica al consumo di nuovo suolo”,
Toscana. Fin dal 2013 è impegnata nella “ricognizione delle aree urbane degradate ai fini dell’applicazione delle disposizioni regionali sulla rigenerazione urbana”, intesa “quale alternativa strategica al nuovo consumo di suolo”, come stabilito dall’articolo 125 della nuova Legge sul governo del territorio del 2014.
Abruzzo. la L.R. n. 7 del 18 luglio 2017, introduce “il progressivo contenimento del consumo del suolo, a favore della riqualificazione, rigenerazione e il riuso del patrimonio edilizio esistente”.
Marche, con L.R. 22/2011, “Norme in materia di riqualificazione urbana sostenibile”, all’art. 3 della L.R. 22/2011 ha istituito il Programma operativo per la riqualificazione urbana (PORU).
• Umbria, nella sua legge n. 13 del 11 aprile 1997 (ora abrogata), promuoveva già i Piani di riqualificazione urbana
Hanno legiferato senza porsi obiettivi pratici, solo un sistema di premialità per la conservazione di tutti gli edifici pubblici e privati
• Campania. la L.R. n, 19 del 11 novembre 2019, “Legge per la promozione della qualità dell’architettura” che si pone l’obiettivo di “promuovere l’architettura contemporanea sia per le nuove costruzioni che per gli interventi di restauro architettonico, riqualificazione edilizia e rigenerazione urbana”.
• Calabria. Con gli ultimi aggiornamenti, la L.R. urbanistica n. 19 del 16 aprile 2002
• Basilicata,
• Sicilia e Sardegna.
• non hanno ancora leggi specifiche in merito, così come per il consumo di suolo.
La legislazione nazionale, che dovrebbero favorire la rigenerazione urbana è contenuta nel Disegno di Legge n. 1131 – “Misure per la rigenerazione urbana”, il cui iter è al vaglio della 13ª Commissione permanente (Territorio, ambiente, beni ambientali) presso il Senato. Il testo originario del DdL la cui finalità è quella di definire i princìpi fondamentali in materia di rigenerazione urbana e i correlati incentivi per gli interventi da realizzarsi prioritariamente nelle aree già urbanizzate, degradate da riqualificare, nei limiti della competenza legislativa concorrente Stato-regioni in materia di governo del territorio; in quanto in attuazione dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, la rigenerazione urbana, rientra nella materia del governo del territorio.
Nello specifico:
• il Capo I (artt. 1 e 2) contiene le finalità, i princìpi fondamentali e le definizioni in materia di rigenerazione urbana,
• il Capo II (artt. da 3 a 7) prevede disposizioni riguardanti il contributo dello Stato alla realizzazione degli obiettivi della rigenerazione urbana,
• il Capo III (artt. da 8 a 11) contiene disposizioni riguardanti i compiti delle regioni e delle province autonome in materia di rigenerazione urbana, nonché le misure di tutela dei beni culturali e dei centri storici,
• il Capo IV (artt. 12 e 13) prevede disposizioni riguardanti l’attuazione degli interventi ed ulteriori risorse per il finanziamento degli interventi di rigenerazione urbana,
• il Capo V (artt. 14 e 15) contiene disposizioni riguardanti la semplificazione in materia urbanistica e amministrativa e i controlli da parte dell’Autorità nazionale anticorruzione,
• il Capo VI (art. 16) prevede disposizioni in materia di qualità della progettazione, di concorsi di progettazione e di concorsi di idee,
• il Capo VII (art. 17) sono disciplina disposizioni riguardanti gli incentivi fiscali,
• il Capo VIII (artt. 18 e 19) prevede disposizioni per garantire la continuità degli interventi di rigenerazione urbana e riguardanti le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
• mentre infine il Capo IX (art. 20) sono previste disposizioni riguardanti la copertura finanziaria del provvedimento.
Il testo del Disegno di Legge ha introdotto non pochi spunti di sicuro interesse per gli enti locali e gli operatori del settore, tra i quali ad esempio il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana previsto dall’art. 5 del DdL, con una dotazione pari a 500 milioni gli incentivi fiscali (non assoggettamento a imposta municipale propria, TASI e TARI) per gli immobili oggetto di interventi o l’istituzione di una cabina di regia nazionale.
Tuttavia il Disegno di Legge è stato oggetto di rilievi da più parti, in particolare da parte della Conferenza unificata delle Regioni e delle Province autonome, che ha rilevato innanzitutto la necessità di un riassetto normativo complessivo in materia di governo del territorio, a partire dall’aggiornamento di una legge nazionale che ne disciplini i principi generali.
È stata inoltre giudicata negativamente la sovrapposizione del DdL con le esperienze in corso nelle singole realtà regionali.
In tal senso viene rilevata dalla Conferenza Stato-Regioni l’assoluta necessità di intervenire per garantire la necessaria autonomia alle singole regioni nel rispetto dell’art. 117 della Costituzione, facendo salve le discipline vigenti sui quali gli operatori hanno fatto affidamento per i loro investimenti e progetti in corso.
Il compito sarà certamente arduo, ma non impossibile.