Di Marisa Palumbo e Simone Sabattini.
Articolo pubblicato da Sette – Corriere della Sera.
«Capita una volta in una generazione». Salta fuori che il vecchio Joe Biden, la scelta rassicurante che doveva limitarsi a ristabilire la normalità alla Casa Bianca e nel Paese, aveva invece un piano spregiudicato. Una tripla manovra da oltre 6.000 miliardi di dollari che potrebbe cambiare il percorso della storia economica recente. il nuovo leader prova a rilanciare l’America del dopo Trump (e nel farlo spacca gli economisti), mette l’Europa di fronte a un bivio, prepara il grande compromesso con la Cina e ridefinisce il ruolo del governo.
Dalla sua, “Joe” ha i vaccini. Contro, i voti al Congresso che ora ci sono e domani chissà. Ma intanto, intorno a questa valanga di spesa pubblica (farebbe lievitare almeno dell’1,5% l’intera crescita economica mondiale, e, secondo le previsioni, porterebbe un +6,4% a quella annuale americana), non c’è solo un Paese che riparte, ma un intero ordine mondiale che si ritrova a mettere in discussione il pensiero neoliberista che ha dominato gli ultimi quarant’anni.
«L’entità di questa manovra» dice a 7 Lucrezia Reichlin, economista della London Business School ed editorialista del Corriere, «è un fatto rivoluzionario. È interessante anche la sequenza: prima cash e liquidità alle imprese e alle famiglie, poi la scommessa di andare a toccare il reddito potenziale attraverso le opere infrastrutturali». «Quella messa in campo da Biden nei suoi primi cento giorni», conferma a 7 il professore di Public Policy ed Economics di Harvard, Kenneth Rogoff, «è un’agenda progressista molto audace. Lui è di fatto un centrista: ma ha bisogno dei voti dei progressisti, dunque deve fare uno sforzo per portare avanti il loro programma. E sa di avere poco tempo perché potrebbe perdere presto la sua esile maggioranza».