Convegno sulla Giustizia Civile: l’intervento di Jannuzzi

I PROVVEDIMENTI SULLA GIUSTIZIA DEL GOVERNO RENZI COMMENTATI DA GIUSEPPE IANNUZZI

 

Libertà Eguale dopo l’incontro sulla giustizia penale ed amministrativa ha ritenuto di continuare nella sua opera di confronto sulla giustizia, promuovendo una riflessione sui primi provvedimenti del governo Renzi.

È noto, infatti, che l’inefficienza nel fornire una rapida soluzione alle controversie civili ha importanti ripercussioni sull’economia.

Gli imprenditori italiani e stranieri chiedono di sapere gli eventuali costi che dovranno affrontare ed i tempi di risoluzione di un’eventuale controversia, inerente alla loro attività imprenditoriale.

Due sono considerati i mali storici della giustizia civile italiana:

  1. a) l’elevato numero di procedimenti che ogni anno sono iscritti al ruolo;
  2. b) i tempi eccessivamente lunghi del processo civile.

A questi mali il governo Renzi ha cercato di porre rimedio con il decreto legge n. 132 del 12 settembre 2014, che proprio oggi, 11 dicembre, a seguito della legge di conversione del 11 novembre 2014 n. 162, entra in vigore nella quasi sua totalità.

Una più ampia riforma del processo civile e la riforma organica della magistratura onoraria e dell’ufficio del giudice di pace è lasciata, invece, ad un futuro disegno legge.

Senza alcuna intenzione di completezza e senza voler entrare nell’esame tecnico dei provvedimenti, le principali novità introdotte dal decreto-legge n.132/2014 si possono così riassumere:

La prima è l’arbitrato forense: questo è lo strumento che nelle intenzioni del legislatore dovrebbe risolvere l’arretrato del processo civile in Italia. Le parti, con istanza congiunta, possono incaricare della soluzione del procedimento pendente avanti il tribunale o la corte d’appello, un arbitro o un collegio arbitrale, a seconda del valore della causa.

Questo tipo di strumento ha, tuttavia, dei limiti intrinseci, che potrebbero comprometterne il funzionamento pratico e la sua reale efficienza nel ridurre l’arretrato del processo civile.

Il primo limite è che la translatio iudicii è una mera facoltà che può avvenire solamente con il consenso di entrambe le parti ed a prezzo di costi aggiuntivi per le parti stesse, che, nel caso di necessità di ricorrere ad un collegio arbitrale, potrebbero essere anche molto elevati.

Il secondo limite è rappresentato dal fatto che questo tipo di strumento comporta l’emissione di un lodo arbitrale, che ha maggiori limiti di impugnazione, rispetto ad una sentenza di soluzione della controversia.

E’ quindi facile prevedere che, in molte fattispecie, una delle due parti processuali non abbia alcun interesse a ricorrere ad una soluzione del contenzioso, che per quanto potenzialmente più rapida, può, da un lato, fare aumentare i costi dovuti in caso di soccombenza, e, dall’altro, ridurne le possibilità di impugnazione.

Dunque, nella reale intenzione di sgravare i tribunali dall’arretrato accumulato, forse avrebbe fatto meglio il legislatore ad ipotizzare qualcosa di simile alle “sezioni stralcio”, che, ad esempio, furono istituite con legge n. 276 del 22 luglio 1997, ossia a nominare una serie di giudici onorari che potessero farsi carico delle cause pendenti, sostituendo i giudici togati.

La seconda novità, introdotta dal decreto legge, che entrerà in vigore il 9 febbraio 2015, è la negoziazione assistita da un avvocato che personalmente vedo con favore: si tratta di una procedura di conciliazione di derivazione francese, svolta con l’assistenza degli avvocati.

Attraverso l’introduzione di questo strumento si vuole evitare che il conflitto tra due parti raggiunga le aule del tribunale, facendo in modo che sia risolto attraverso un accordo conciliativo.

Infatti la negoziazione assistita è “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà e risolvere, in via amichevole, la controversia tramite l’assistenza dei propri avvocati”.

A febbraio ci troveremo, quindi, in una situazione, nella quale per alcune fattispecie si dovrà ricorrere alla “mediazione obbligatoria”, e per altre, quale ad esempio le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti, si dovrà fare ricorso alla “negoziazione assistita”.

Strumenti questi che non sono alternativi tra di loro, né sono lasciati alla scelta delle parti.

Risulta naturale chiedersi se l’introduzione di un ulteriore strumento di giustizia, alternativa al ricorso all’azione giudiziaria, non rischi di aumentare la confusione tra gli operatori del diritto e complicare ulteriormente l’iter prolungandone i tempi, anziché fornire ai cittadini ed alle imprese la certezza di poter risolvere i loro conflitti in modo rapido e poco costoso.

In questo modo si rischia di dare l’impressione che lo Stato cerchi di risolvere i due mali storici della giustizia italiana, precedentemente indicati, ostacolando coloro che pensano di avere una giusta pretesa ad accedere all’autorità giudiziaria, e quindi a scapito del giusto diritto dei cittadini e delle imprese di vedere riconosciute le loro legittime pretese.

Il decreto legge n. 132/2014 introduce poi importanti novità in tema di separazione e divorzio. Da oggi è, infatti, possibile -in assenza di contenzioso- per due coniugi separarsi, divorziare e modificare le condizioni di separazione o di divorzio senza l’intervento del giudice.

Nella prima fattispecie, in assenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, da oggi, due coniugi, purché l’accordo non contenga patti di trasferimento patrimoniale, possono separarsi, divorziare o modificare le condizioni di separazione o di divorzio, davanti all’ufficio di stato civile, senza ricorrere all’assistenza degli avvocati.

Nella seconda fattispecie, sempre in mancanza di figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non indipendenti, i coniugi potranno raggiungere un accordo sulle condizioni della propria separazione o del proprio divorzio e tramite i loro avvocati sottoporlo al procuratore della Repubblica, il quale verificherà l’assenza di irregolarità, comunicando il nulla osta agli avvocati per gli adempimenti successivi. Nella terza fattispecie, in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, il procuratore della Repubblica autorizzerà l’accordo presentato dalle parti, qualora lo ritenga rispondente all’interesse dei figli.

L’introduzione di questi istituti potrà senz’altro avere degli effetti positivi, sgravando i tribunali dalle istanze di separazione e divorzi non contenziosi e forse rendendo più agevole la separazione ed il divorzio a coloro che hanno deciso, per motivi che non spetta a noi giudicare, di porre fine al loro matrimonio.

Tuttavia, a mio avviso, merita una riflessione la situazione per la quale, nella terza fattispecie descritta, il procuratore della repubblica si troverà a dover giudicare se l’accordo raggiunto dai due coniugi risponda al miglior interesse dei figli minori, maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, senza averne, fatta eccezione per le realtà come Milano, Roma o Napoli, una specifica competenza.

Un’altra novità introdotta dal decreto legge n. 132/2014 è la modifica al regime di compensazione delle spese di lite: il giudice non potrà più compensare le spese se non in caso di reciproca soccombenza, di novità delle questioni trattate in corso di causa, o di mutamento della giurisprudenza.

L’obiettivo di suddetta modifica è quello di far riflettere le parti sulle conseguenze dell’introduzione di un procedimento pretestuoso o sulla convenienza di resistere pretestuosamente ad un’azione.

Il decreto legge introduce, inoltre, il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione: è concesso al giudice disporre un mutamento di rito, passando dal rito ordinario al rito sommario di cognizione, ossia il passaggio ad un rito che prevede un’istruttoria semplificata che dovrebbe applicarsi ai procedimenti meno complessi.

Penso tuttavia che la scelta dello strumento processuale più adatto, tra rito ordinario e rito sommario, dovrebbe essere lasciata al procuratore della parte.

Infine, con il decreto legge n. 132/2014, sono state introdotte delle misure per la tutela del credito e per l’accelerazione del processo esecutivo.

In particolare, è stato modificato l’articolo 1284 c.c. disponendo che, dal momento della proposizione della domanda giudiziale, il saggio di interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, rendendo così antieconomiche per il debitore opposizioni a soli fini dilatori.

Sono stati poi introdotti termini brevi per l’iscrizione al ruolo ad opera degli avvocati dei procedimenti esecutivi per espropriazione.

Questi, in sintesi, sono i primi provvedimenti assunti dal governo Renzi in tema di giustizia civile.

Non si può tuttavia dimenticare il fatto che, negli ultimi sette anni, si sono susseguite ben 17 modifiche al codice di procedura civile ed, in questo lasso di tempo, i costi di accesso all’autorità giudiziaria, sono lievitati di circa il 55% per i procedimenti di primo grado, il 119% per i procedimenti di appello ed il 182% per i procedimenti in cassazione.

C’è quindi da chiedersi se il calo del contenzioso, che si è registrato dal 2010 ad oggi, non possa anche essere il riflesso di un aumento dei costi, tale da ridurre la possibilità di cittadini ed imprese ad accedere ad una buona giustizia.

Forse l’attenzione del legislatore dovrebbe essere primariamente rivolta ad aumentare la chiarezza del diritto sostanziale, evitando così contenziosi legati all’incertezza dell’interpretazione normativa, ed a semplificare il procedimento civile e l’eventuale ricorso alla giustizia alternativa (A.D.R. Alternative Dispute Resolution = metodi stragiudiziali di risoluzione alternativa delle controversie es. mediazione, conciliazione arbitrato), piuttosto che alla continua introduzione di diversi e nuovi strumenti, a volte concorrenti ed a volte alternativi, che rischiano di creare confusione ed incertezza nell’accesso all’autorità giudiziaria e nei costi dovuti per la risoluzione delle controversie in materia di diritto civile.

Ci si deve chiedere se per ridurre il tempo medio di un procedimento civile in Italia ciò che è necessario non è tanto una modifica del codice di procedura civile, quanto piuttosto un maggior investimento di risorse ed una migliore organizzazione dell’attività giudiziaria, con la definizione di prassi operative più efficaci.

Non si può trascurare il fatto che, in Italia, oggi sono solo cinque i tribunali (Aosta, Campobasso, Lanciano, Lodi, Rovigo) che hanno l’organico dei magistrati togati al completo e solo 18 i tribunali che non hanno posto vacante per il personale amministrativo.

Ricordo infine che ormai alcuni anni or sono il tribunale di Monza, a parità di legislazione, aveva ridotto notevolmente i tempi delle procedure esecutive immobiliari, tramite un’organizzazione più efficace e standardizzando l’attività dei consulenti a supporto delle procedure stesse.

Vi ringrazio per l’attenzione.

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