Cercasi più idee per il futuro

Intervento di Francesco Silva all’Assemblea di Libertà Eguale Milano Lombardia.
Da due decenni l’Italia vive in un persistente stato d’incertezza politica, istituzionale, sociale ed economica, il cui punto di arrivo è l’attuale equilibrio politico sostenuto dall’autorevolezza di due persone esterne ai partiti. Un fattore decisivo di questa condizione è la mancanza nei partiti di una visione di medio e lungo periodo sul nostro paese, assenza più grave per la sinistra, che dovrebbe operare scelte dettate da un progetto per un futuro diverso e socialmente più sostenibile, e non solo dalla tattica di sopravvivenza elettorale. Nel periodo della Ricostruzione e negli anni immediatamente successivi, i partiti produssero grandi seppur diversi progetti e l’equilibrio politico resse sulla priorità condivisa dell’obiettivo dello sviluppo sociale ed economico di tutto il paese. Nell’attuale coalizione le parti non dispongono di simili progetti e si limitano a condividere l’obiettivo della crescita a breve del PIL e dello spendere bene i fondi del PNRR, qualificazione sufficientemente sfumata ai fini della coalizione, e non a caso le riforme hanno difficile vita. E’ il dominio del breve periodo; il futuro regge sulla speranza, perché di questo si tratta, che ad esso segua un’evoluzione migliore di quella passata. In questa coalizione il PD veste la parte del primo anatroccolo, e non esprime in modo udibile le proprie ambizioni e progetti per il futuro. Ci si può chiedere se questa sia solo tattica in difesa della coalizione e se sia la tattica migliore. Certamente dice poco a quella parte dei cittadini che vorrebbe un futuro diverso, per quanto vago ne sia il significato. Potrebbe però anche essere che queste prospettive non siano affatto chiare, come sarei propenso a ritenere.
Nella visione di Draghi – e di chi lo ispira più da vicino – l’obiettivo primario, la crescita del PIL, è ritenuto condizione necessaria e sufficiente, per favorire la soluzione di molti altri problemi economici (come l’indebitamento) e sociali (come l’occupazione, lo sviluppo del Mezzogiorno, l’erogazione dei servizi sociali, la difesa dell’ambiente, etc.). E’ lasciata al Parlamento la responsabilità di legiferare sui diritti e sulla loro gestione, intervenendo solo dove è più evidente la loro immediata attinenza con l crescita del PIL. Questa però non è affatto sufficiente a promuovere lo sviluppo sociale del paese, cosa chiara a tutti i partiti di governo e di opposizione negli anni della Ricostruzione. Inoltre la crescita del PIL ha valore solo se confermata e proiettata negli anni futuri, esito su cui si possono nutrire giustificati dubbi. Il problema della quantità della crescita non può indurre ad accantonare quello della qualità dello sviluppo, che dipende dalla capacità di fare grandi e piccole riforme su cui trovare il consenso
degli elettori. In questo senso il PD non può esimersi dall’elaborazione di un proprio forte e realistico progetto politico capace di guadagnarne nuovi spazi politici e non di limitarsi a difendere quelli attuali. A tal fine si richiede coraggio e innovatività.
Qui mi limito a una brevissima rassegna di temi a mio avviso particolarmente importanti ai fini di un progetto di medio e lungo periodo su cui è necessario che il PD indichi una propria convincente posizione, che andrebbe evidenziata in tempi ravvicinati, ossia compatibili con i tempi delle prossime elezioni.
Il dibattito politico attuale è attratto, inevitabilmente, dalla riforma elettorale, interpretata ancora una volta come mossa tattica. Su questo aspetto mi limito a osservare che il sistema proporzionale non ha fin qui soddisfatto due importanti obiettivi, la stabilità degli esecutivi e l’avvicinamento dei cittadini alla politica. A monte del sistema elettorale infatti sta l’organizzazione dello stato. A mio giudizio, nell’attuale contesto di polverizzazione dei partiti, l’organizzazione prevista dalla Costituzione, che postula la supremazia assoluta del Parlamento e la conseguente debolezza dell’Esecutivo, ovvero il prevalere della rappresentanza sulla governabilità, è un pesantissimo ostacolo allo sviluppo del nostro paese. D’altra parte quanto sta avvenendo da anni lo conferma. L’argomento della riforma costituzionale dovrebbe quindi entrare nell’agenda politica, prima e comunque non dopo quella della riforma elettorale.
Il tema su cui la sinistra si è cimentata con più coraggio, contrapponendosi alla conservazione difesa dalla destra, è quello dei diritti. Il punto è che l’attenzione politicamente effettiva si è centrata sui diritti dei cittadini italiani. Chi è diversamente esterno, ossia gli immigrati e i carcerati, attira molte parole e pochissima vera azione. Eppure la cittadinanza degli immigrati era stata indicata da Letta, al momento della sua elezione a segretario, come secondo obiettivo, dopo quello, a mio giudizio opinabile, dell’estensione dell’età in cui si acquisisce il diritto al voto. Resa forse timorosa dalla presunta impopolarità di nuove regole per il diritto cittadinanza la sinistra, e il PD in particolare, si dimentica di enunciare ad alta voce che è anche un interesse economico di tutti estendere gli attuali diritti.
Altro problema su cui la voce del PD è quanto meno flebile, è quello della distribuzione del reddito e della ricchezza. Indubbiamente sono importanti gli interventi attuati a contrasto della povertà (Reddito di cittadinanza, non di marca PD, e Reddito d’inclusione, di marca PD), ma a questi si affiancano politiche a carattere regressivo, come l’incentivo 110% alla ristrutturazione edilizia, e soprattutto la totale assenza di politiche fiscali che colpiscano i redditi e soprattutto la ricchezza più alte (successione, patrimoniale, elusione fiscale, altro). La piccola rimodulazione fiscale contenuta nella Finanziaria non ha contenuti ridistributivi. In modo silente il governo sta ponendo in essere strumenti contro l’evasione fiscale (limiti posti all’esercizio della privacy), ma trova ostacoli nella riforma del catasto, e su quella molto rappresentativa delle concessioni balneari, su cui non si è sentita la voce del PD. E’ chiaro che politiche redistributive ad ampio spettro sono poco praticabili nell’attuale governo, ma ciò che stupisce è l’apparente assenza di dichiarazioni d’intenti o di progetti implementabili da parte del PD. Se non si dichiara già oggi quali sono le politiche desiderabili, non si le faranno neppure dopo, ammesso che vi sia un’opportunità di governo.
Il problema ambiente non è contenuto nel dna del PD, e d’altra parte la storia conta. Non basta quindi l’assenso a un PNRR il cui contenuto ambientale è molto sfaccettato. (Per inciso osservo che in occasione della “ribellione dei gilet gialli” in Francia, Macron ebbe l’idea, forse demagogica ma certamente intelligente, di attivare un gran consulto nazionale e popolare sui progetti ambientali perseguibili. Almeno in apparenza non ascoltò solo i grandi gruppi di pressione, e quel consulto produsse molte idee). Sugli obiettivi a cui si mira, su quelli raggiungibili e sulle difficoltà della transizione è assolutamente necessaria l’elaborazione di un pensiero chiaro e convincente che riesca a coinvolgere chi ne è più interessato, ossia i giovani, i lavoratori che potranno essere dismessi (penso ad esempio al settore auto privo di un Piano auto) e quelli che potranno trovare lavoro.
La questione dei giovani e del lavoro introduce quella della formazione. Sulla scuola non comprendo se esista una differenza tra la posizione del PD e quella, molto conservatrice, della CGIL. Nell’attuale governo vi è un Ministro dell’istruzione, vicino al PD, persona stimabile e certamente mossa dalla volontà di cambiare qualcosa. Trova molti ostacoli nella propensione conservatrice dei docenti e della burocrazia ministeriale. Non mi risulta, ma forse sbaglio, che il PD abbia espresso posizioni a suo sostegno. In particolare il governo Draghi ha indicato come priorità la riforma degli ITS, comparto importantissimo della formazione fin qui quasi inesistente in Italia, utilissimo per dare un profilo robusto all’occupazione giovanile. E’ da tempo in discussione la loro riforma, ma la riforma, approvata quasi all’unanimità in un ramo del Parlamento si è poi smarrita. Esiste una posizione comunicata del PD? Vi sono altri nodi che legano lo sviluppo italiano, tra cui in particolare quello della giustizia e della sanità. Data la mia assoluta incompetenza in merito mi limito a due semplici osservazioni. Dal punto di vista della crescita economica una riforma del diritto privato e soprattutto delle sue procedure private è assai più importante di quella penale, peraltro essenziale per altri morivi. L’epidemia coronavirus ha reso visibili le debolezze del nostro sistema sanitario, tra cui in particolare l’inadeguatezza numerica del personale medico e infermieristico, e il suo bassissimo riconoscimento retributivo, eredità di un passato interessato a tagliare i costi, oltre che quello della centralizzazione ospedaliera del servizio sanitario, e in qualche misura anche del decentramento di decisioni che hanno un carattere nazionale. In questi ambiti forse le posizioni del PD sono abbastanza chiare, ma non sono altrettanto evidenti ai cittadini. Più in generale, accanto a un difetto di progettazione c’è quello di comunicazione, in due direzioni, tra PD e cittadini, termine certamente preferibile a quello di elettori.

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