Di Gioele Gambaro
Nel momento in cui scrivo, il dibattito sul deficit prodotto dalla manovra governativa sono ormai ridotte a una forbice fra l’1,5% e il 2%. Si tratta sotto questo rispetto di un’impostazione più neoclassica che keynesiana: a un aumento dei tassi di interesse, sembrerebbe che il governo intenda rispondere con un’ulteriore compressione dell’indebitamento. In ogni caso quel che pare oramai evidente è che il tanto paventato clash con l’Europa sul deficit di bilancio non ci sarà, almeno nel futuro prevedibile.
Era in fondo chiaro che l’idea, neanche troppo celata, dell’opposizione fosse quella di una terminazione per via esogena del governo, per mezzo dei mercati finanziari. Si sperava insomma in uno scenario simile a quello avvenuto con Berlusconi e Giulio Tremonti nel 2011, dove troppe esitazioni a intervenire davanti alla sfiducia dei creditori avevano portato alla defenestrazione dell’esecutivo. E chissà se anche questa volta il Financial Times avrebbe invocato il Signore in prima pagina a nove colonne, per chiedere le dimissioni di Salvini e Di Maio.
Personalmente, ho trovato l’idea delle opposizioni di passare l’estate a commentare ogni variazione dello spread con un misto di ansia e compiacimento estremamente infelice. Trovo che ci siano altre strade per fermare questo governo che sperare in inchieste dei PM o in riallocazioni di portafoglio di grandi investitori.
Questo non significa che sia sbagliato impostare la battaglia sulla politica economica. Ritengo serva però una visione più di lungo termine, volgendo se possibile lo sguardo oltre le trimestrali.
Il ciclo espansivo statunitense dura da 109 mesi. Si tratta del secondo più lungo da 25 anni (il primo è quello seguente alla bolla delle dot com, durato 120 mesi). Questa fase di espansione globale l’abbiamo passata un po’ in recessione e, quando siamo cresciuti, l’abbiamo fatto meno degli altri. Un’alternativa politica seria dovrebbe incominciare a ragionare apertamente di come gestire la prossima fase di recessione. Perché, seppur ridimensionati, gli USA restano di una stazza tale (15 trilioni di PIL) per cui una loro caduta equivale a una recessione dell’Occidente. Cosa faremmo se entrassimo nel nuovo ciclo con il governo gialloverde in carica? Sono Salvini e Di Maio le persone adatte a tenere a freno la rabbia popolare mentre sono intenti a rappresentarci nel mondo quali debitori solidi e affidabili?
Serve approfittare di questi ultimi anni di espansione per aumentare la nostra attrattività economica, che attualmente si basa principalmente su lavoratori qualificati a basso prezzo, per mezzo di riforme lato offerta. Riguardo al mercato del lavoro, se è probabilmente vero che il Decreto Dignità, inasprendo sia il tempo determinato che l’indeterminato sarà al meglio marginalmente dannoso, si deve però al contempo riconoscere che l’idealismo di rivoluzionare ex legis il mercato del lavoro è infruttuosa e forse sarebbe meglio focalizzarsi sul facilitare le condizioni esterne, ambientali, per renderle più propedeutiche all’impresa (burocrazia, tasse, fisco in primis.)