Come vincere il referendum costituzionale – di Francesco Franceschini

L’esito del referendum sulla riforma costituzionale è incerto.

Da un lato i temi della riforma costituzionale dovrebbero incontrare il favore della maggior parte della popolazione, dall’altra il tentativo da parte delle opposizioni di strumentalizzare tale voto per canalizzare tutto il malcontento della popolazione e far cadere il governo potrebbe generare un volume di “propaganda” per il no che potrebbe risolversi in una sua vittoria.

Vorrei qui suggerire alcune strategie che derivo dalle tecniche di marketing, applicate al caso specifico. Spero che assieme all’esperienza politica degli amici del PD, ben maggiore della mia, si possa assieme mettere a punto strategie vincenti all’uopo.

La mia opinione è che per poter vincere, il fronte del sì dovrebbe affinare le sue capacità di comunicazione politica, sia quantitativamente che qualitativamente. E soprattutto dotarsi di una strategia di comunicazione vincente.

Le componenti di tale strategia dovrebbero, grosso modo, essere:

1-Aver chiaro il target di riferimento della comunicazione.

In questo caso, trattandosi di un referendum, il target di riferimento non può che essere tutta la popolazione italiana, sia di destra che di sinistra, che quella simpatizzante per i movimenti populisti.

Sarebbe sbagliato rivolgersi ai soli elettori di sinistra, che sono la minoranza della popolazione descritta, così come sarebbe sbagliato rivolgersi ai soli elettori presunti “responsabili” perché mi par di capire che sfortunatamente, nel nostro paese e in questo momento storico, gli elettori responsabili sono una minoranza.

Se il target di riferimento è costituito da tutta la popolazione, le implicazioni sono:

a-Si deve sostenere la riforma costituzionale con argomenti che non siano caratterizzanti di una parte politica.

b-Se il PD difende a viso aperto la riforma, tuttavia non dovrebbe correlarla all’attività del governo: la nuova costituzione dovrebbe durare per decenni, il governo lo spazio di questa legislatura (gli avversari hanno l’interesse di collegare le due cose in quanto il numero di elettori dei partiti che si sono espressi per il no e sono all’opposizione in questo momento è maggioritario, ma i sostenitori del sì hanno l’interesse a smarcare il tema referendario da un voto sul governo).

c-Si dovrebbe dare alla comunicazione uno stile semplice ed impattante. Deve puntare agli effetti emozionali del messaggio, e non solo, né non tanto, a quelli razionali. Se si agisce sui contenuti emozionali, bisognerebbe evocare quelli che impattano sulla maggior parte della popolazione.

d-La comunicazione dovrebbe essere ampia e multicanale, per toccare il maggior numero di persone possibile.

2-Scegliere i contenuti dei messaggi chiave da veicolare.

Sulla base di quanto detto sopra, dobbiamo considerare che la maggior parte della popolazione è in grado di capire e far propri solo uno o al massimo due punti della comunicazione a favore della riforma, perciò dobbiamo scegliere accuratamente quali siano quelli a cui dare maggior enfasi.

Analizziamo alcune alternative, che ho sentito in modi diversi sostenere da alcuni di noi:

a-“Se vince il no cade il governo e si ferma l’attività riformatrice in corso”.

Tale argomento è recepibile solo dai pochi che capiscono, ed apprezzano, il valore di ciò che si stà facendo. Un’intensificazione della comunicazione su quanto di buono stà facendo il governo contribuirebbe un poco, ma in misura largamente insufficiente per vincere, dato anche l’oggettiva tecnicalità di tali interventi e, per molti, l’ effetto a medio/lungo termine, che non ne facilita di certo la comprensione.

b-“Se vince il no, l’Italia entra in una situazione di crisi (tipo quella del 2011) e i mercati finanziari internazionali ci punirebbero, con esiti imprevedibili”. Qui Brexit insegna. La popolazione non capirebbe né crederebbe alle minacce catastrofiste, per quanto razionali esse siano. In Inghilterra TUTTI gli studi di TUTTI gli istituti qualificati prevedevano eventi più o meno catastrofici in caso di Brexit, ma la maggioranza della popolazione ha preferito credere agli slogan populisti dei sostenitori di Brexit, che declamavano come tali studi fossero di parte, grandemente esagerati  e “interessati” a sostenere il remain.

Anche in Italia tale messaggio non funzionerebbe, come per altro dimostra l’incomprensione che gli eventi del 2011 hanno avuto presso la maggior parte degli italiani, così come non è stato minimamente apprezzato dalla popolazione l’intervento del governo Monti, indirizzato a mitigare tali rischi.

c-“se vince il sì avremo governi più forti capaci di governare e avremo più stabilità”

Tale argomento interesserebbe solo coloro che sostengono l’attuale governo. Pochi riuscirebbero a sviluppare il pensiero astratto che se in un futuro andrà al governo una compagine di loro gradimento, quelli potrebbero governare con più efficacia.

Inoltre, molti italiani non si fidano di chi è al governo, che percepiscono come dedito agli interessi di pochi, spesso corrotto o incapace. E immaginarlo più forte non è certo un pensiero che motivi positivamente.

Infine, poiché la più parte ritiene che le cose vadano male, che più male non si può (erroneamente, perché non immaginano che non c’è limite al peggio…), la stabilità non è vista come un valore: tanto vale cambiare (il governo), per vedere se qualcuno di nuovo, e che non abbia le mani in pasta, possa fare meglio (vedi gli esiti dei ballottaggi nelle elezioni comunali di Roma e di Torino).

d-Evidentemente funzionerebbero meglio i messaggi “distruttivi”, ovvero: diminuiamo il parlamento di 300 senatori, licenziamo i 64 burocrati del CNEL, eliminiamo i doppioni (non solo quello di camera e senato, ma anche i loro doppi uffici, le doppie competenze stato regioni, le province che non ci servono, eccetera), abbattiamo gli stipendi dei parlamentari regionali,… Dopo di che, se, nell’eliminare una massa di politici e di burocrati inutili, quando non dannosi, si rende un po’ più efficiente l’azione di quelli che rimangono, può essere un “byprodut”  non trascurabile…

Ricordiamoci bene che il Renzi più di successo è stato il Rottamatore.

In aggiunta potrebbe funzionare il messaggio che con la nuova costituzione i politici debbano rendere più direttamente conto ai cittadini del loro operato, perché verrebbero a cadere molti dei motivi di “scaricabarile” fra una istituzione e l’altra, avendo eliminato doppioni ed ambiguità (ovvero, ci sarebbe ciò che in inglese si può definire “maggior accountability”).

Se invece vincesse il no, tutto rimarrebbe, in modo desolante, come è ora, e come è stato negli ultimi anni! Dunque vale la pena cercare di comunicare che Sì= cambiamento e NO= immobilismo.

Un altro aspetto è il tentativo degli avversari di neutralizzare i nostri argomenti. I sostenitori del no affermano perentoriamente che non è vero che vi siano risparmi significativi, o che grazie alle soluzioni adottate con la riforma il parlamento possa funzionare meglio; oppure, infine, affermano, senza alcuna sensata argomentazione, che la riforma implicherebbe rischi autoritari e di indebolimento della democrazia.

A questi argomenti non serve tanto rispondere portando dettagliate argomentazioni contro: dovremmo semplicemente dire che i sostenitori del no MENTONO, sapendo di MENTIRE: e mentono per propaganda, per portare proditoriamente l’acqua al proprio mulino! I risparmi sono ovvi, data l’ampiezza dell’applicazione della riforma, e i numeri sono i numeri!

La riforma è molto attenta a preservare i diritti democratici: a prova di ciò abbiamo l’adesione ad essa dei MIGLIORI 184 costituzionalisti e docenti di diritto italiani, che hanno sottoscritto un articolato documento a sostegno della stessa (e chi è interessato può leggerlo in allegato!).

Infine solleverei il dubbio che i leader dei sostenitori del no mentono anche per l’interesse personale di conservare il proprio posto, che la riforma rende oggettivamente più precario.

3-Scegliere un linguaggio adeguato in modo professionale

I messaggi selezionati, così come descritti nel punto 2, devono essere espressi con il giusto linguaggio, i giusti slogan. A tale proposito, varrebbe la pena farsi aiutare da specialisti di creatività pubblicitaria, perché meglio del politico, o comunque affiancandolo, saprebbero attivare delle parole che possano agire anche a livello sub-liminare, andando a colpire la dimensione inconscia ed emozionale del votante.

4-Usare tutti i mezzi di comunicazione

Il media planning deve essere ampio. TV, Stampa, Web, comunicazione diretta e personale.

Tutte le leve devono essere attivate opportunamente. Si deve ottenere il più possibile l’appoggio politico dei grandi mezzi:TV, grazie anche, eventualmente, ad un avvicinamento al mondo Fininvest (almeno per ottenerne una sostanziale neutralità..), stampa, avendo il gruppo Espresso e Repubblica dalla nostra, assieme al Sole 24 ore e al Corriere della sera . L’uso di testimonial conosciuti “politici” e non “politici” aiuterebbe: non bisogna lasciare Renzi solo a sostenere gli argomenti del sì!

Inoltre si dovrebbe essere MOLTO attivi sul Web, per contrastare la propaganda dei 5 stelle: l’aiuto di una o più Web agency specializzate, scegliendo fra le più professionali, è d’obbligo (anche per contrastare la Casaleggio associati).

Infine è anche utile l’azione diretta e locale dei comitati per il sì, se ben indirizzati sui messaggi da veicolare e ben coordinati nell’azione.

L’uso di tali media ha evidentemente un certo costo: sarebbe da trovare VELOCEMENTE degli sponsor al Sì, da ricercarsi nelle classi imprenditoriali del paese che avrebbero dei danni enormi se vincesse il no.

Tale campagna per il Sì dovrebbe esplicarsi soprattutto a partire da settembre: troppa pressione prima non serve, troppo a ridosso della votazione si sovrapporrebbe con le voci vocianti dell’opposizione, neutralizzandosi.

Potrebbe invece essere utile partire un po’ prima, eventualmente giocando anche sugli aspetti più razionali, su scala ridotta, col solo scopo di cominciare ad avere un manipolo di credenti ben addestrati che animino i comitati per il sì, e rinforzino i messaggi pubblicitari quando intervistati.

Questa è una guerra: tutte le azioni descritte devono essere eseguite in modo coordinato ed energico, se si vuole vincere. Se si vuole semplicemente avere ragione, invece nò, non sono necessarie: in fondo i sostenitori inglesi del remain dimostreranno un giorno che avevano ragione; ma potremo allora parlare di una loro vittoria, quando nel frattempo il paese sarà caduto nel baratro?

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