“Il più importante dei referendum per i quali si stanno raccogliendo le firme è solo formalmente contro la legge Calderoli: in realtà è contro il principio costituzionale dell’Autonomia differenziata (articolo 116 terzo comma della Carta), se non dell’Autonomia tout court, come è organizzata nell’intero Titolo V della Costituzione”. Lo scrivono Enrico Morando e Giorgio Tonini, ex senatori ed esponenti dell’ala moderata del Pd, in una lettera al ‘Corriere della Sera’.
“Non abbiamo firmato la proposta di referendum abrogativo e riteniamo che il nostro partito, il Pd, sbagli a sostenerlo. La legge Calderoli – aggiungono Morando e Tonini – può e deve essere criticata per molti aspetti, insieme alla narrazione che dell’Autonomia differenziata propone la Lega. Ma in sé è troppo poca cosa per giustificare un referendum abrogativo. Non si chiamano al voto 50 milioni di italiani per emendare una legge di procedura. Se si ricorre al referendum, è perché si vuole mettere in gioco una grande questione di orientamento politico generale, che in questo caso è la Costituzione stessa, come riformata da noi (noi centrosinistra) 24 anni fa, con l’avallo di un referendum popolare confermativo”.
Secondo Morando e Tonini, quindi, “il Titolo V è certamente rivedibile e perfettibile. Soprattutto, andrebbe completato con la riforma del bicameralismo e la creazione di una vera Camera delle Regioni, come tentava di fare la riforma Renzi-Boschi. Ma non c’è nessuna ragione, a nostro avviso neppure di sostenibilità finanziaria (come dimostra il caso esemplare della sanità), per abbandonare la strada dell’Autonomia in favore di una nuova stagione di centralismo”.