Intervento introduttivo di Erminio Quartiani (complementare alla relazione di Roberto Vitali) ai lavori della prima giornata del seminario di studio di Libertà Eguale Milano Lombardia a Chiavenna.
Dopo la relazione di Roberto Vitali, il mio contributo alla discussione parte da Noi, dalla nostra Associazione.
Libertà Eguale nazionale nasce durante un incontro al Senato nel 1999, ma l’associazione formalmente si costituisce presso il notaio nel 2002.
Libertà Eguale Milano Lombardia nasce nel 2000 e nello stesso anno si costituisce formalmente presso il notaio, non come un circolo di una entità associativa nazionale, ma come associazione autonoma che aderisce a Libertà Eguale nazionale.
Già nel 2003 i dati forniti all’assemblea nazionale di Orvieto dicono che sono costituiti 37 circoli con un totale di 1356 iscritti dei quali erano 89 i lombardi e milanesi.
Il bilancio della nostra associazione lombarda, approvato dal revisore unico, votato formalmente dall’assemblea di Milano Lombardia, è pari a 9300 euro, con un disavanzo di esercizio di 1973 euro (stiamo erodendo il limitato patrimonio oggi ridotto a 9000 euro).
La vita associativa nazionale langue. Da tempo l’assemblea nazionale di Orvieto non è più decisa e preparata formalmente dalla Presidenza nazionale che non si riunisce da due anni. Il consiglio nazionale e il comitato scientifico nazionali non sono mai stati riuniti. Sono scritti sulla carta. Due anni fa decidemmo di dare vita a gruppi di lavoro tematici nazionali. Non se ne è fatto nulla.
Milano Lombardia riunisce regolarmente presidenza, direttivo, comitato scientifico e assemblea.
I nostri soci lombardi regolarmente iscritti sono mediamente un centinaio (variano ogni anno in base al versamento delle quote associative). Singolarmente sono rappresentativi di realtà significative del mondo dei partiti di centrosinistra, del mondo accademico, universitario e della ricerca, di alcune istituzioni locali come il Comune di Milano e altre minori, del mondo della cultura milanese e lombarda e di altri soggetti sociali, economici, produttivi e sindacali che operano nel territorio.
Nel tempo come associazione lombarda ci siamo distinti per avere sostenuto posizioni molto nette anche all’interno del(poco) dibattito che si è sviluppato nell’associazione nazionale: penso ai temi dello sviluppo sostenibile e della legge elettorale.
Su quest’ultima questione abbiamo definito, nella nostra assemblea tre anni fa, una posizione precisa a sostegno di una revisione della legge elettorale imperniata su un sistema uninominale, per ridare forza al rapporto di fiducia tra cittadini ed istituzioni, dentro una cornice che favorisca la competizione politica tra poli alternativi tra loro.
Così purtroppo non è accaduto a livello nazionale, dove nostri eletti iscritti a Libertà Eguale in Parlamento hanno sostenuto proposte volte ad assegnare il premio di maggioranza alla coalizione che ottenesse oltre il 40% dei voti (quindi competizione tra coalizioni o liste nazionali, liste seppure articolate sul territorio!!!) Non era questo l’indirizzo di Libertà Eguale e non lo è tutt’oggi, dato che nessuna deliberazione in merito è stata adottata. L’impostazione è sempre stata legata all’uninominale a doppio turno con elezione o indicazione del premier, come era peraltro nelle tesi del primo Ulivo del 1996.
Addirittura, alcuni esponenti di spicco nazionali di Libertà Eguale si spinsero a sostenere che la riforma elettorale non era una priorità, quando è evidentissimo che la crisi di rappresentanza erodeva e sta erodendo lo spazio della democrazia. Crisi della rappresentanza che va colta anche in sé, non solo rimandando l’attenzione al racconto dei maggiori poteri che gli elettori vogliono riconosciuti nella selezione di chi li governa! (certo, anche questo, ma non solo).
Oggi il governo e la maggioranza che sostengono La presidente Meloni ci sfidano sul presidenzialismo e sull’autonomia differenziata. Qual è la nostra posizione nazionale in merito? E dove si è discussa o meglio dove e con quale priorità temporale si potrà discutere tra di noi?
Io sono rimasto ancorato al programma dell’Ulivo 1996: Premierato, Camera unica e federalismo solidale.
Sull’autonomia e regionalismo differenziato qual è la nostra posizione? Dovremmo almeno contrastare il ritorno al centralismo che nega il regionalismo forte (come lo definiva Augusto Barbera).
Dopo aver esaminato a grandi linee la situazione in cui si trova Libertà Eguale, passo a osservare ciò che accade e riguarda il Pd e il centrosinistra: comincio dal richiamo alla Carta dei Valori fondativa del Pd , che 16 anni fa nasceva constatando che, di fronte alla crisi delle culture politiche del ‘900 , di destra come di sinistra, dei conservatori come dei progressisti, occorresse provare a fornire elementi costitutivi di un pensiero politico adatto al secolo nuovo, sorreggendo quella scelta con un manifesto dei valori , alla cui base vantava origini plurali di indirizzo politico culturale e di esperienza.
Personalmente considero quei valori richiamati nel 2007 ancora validi: si definiva il Pd un progetto di libertà e giustizia nel quadro di un europeismo attivo, di efficacia del bipolarismo e della democrazia competitiva con il cittadino sovrano di scegliere il governo, di apertura al mondo globalizzato per “dare concretezza alla prospettiva di sviluppo sostenibile verso il benessere per evitare una crisi ecologica irreversibile””. Questi indirizzi di fondo permangono validi e rappresentano la base per dare vita, in un partito a vocazione maggioritaria, all’elaborazione di politiche in grado di contribuire a definire la qualità dei cambiamenti di oggi, nel mondo della globalizzazione e della cosiddetta deglobalizzazione, in un contesto di sostenibilità economica, sociale, ambientale e istituzionale (oltre che demografica), in un mondo nel quale è venuta meno l’egemonia del pensiero socialdemocratico e progressista che aveva dominato la cultura , la politica e le policies degli Stati del ventesimo secolo.
Serve un grande sforzo per ripensare le scelte e i profili politici delle grandi forze che si richiamano al pensiero socialdemocratico, liberale e cristiano democratico , decidendo se il contenitore di questa evoluzione possa e debba essere ancora un partito di centrosinistra, che si proponga come partito a vocazione maggioritaria, perno di un centrosinistra più largo, di una alleanza tra progressisti e moderati, forza principale di una credibile alternativa di governo, da costruire con tutti gli interlocutori che si collocano all’opposizione( e non solo).
Riformisti e liberali, seppure in modo confuso, nel Pd (finché mantiene i connotati di partito largo e plurale), competono con i massimalisti e populisti, come in tutti i partiti a vocazione maggioritaria nel campo progressista, in Europa e nel mondo.
Sostenere il bipolarismo e una legge elettorale che ne interpreti l’evoluzione è una conseguenza di questa impostazione della competizione politica nel campo del centrosinistra, come è conseguente a questa impostazione la ricerca di alleanze che diano credibilmente realizzabilità all’alternanza.
Constato che oggi, con la segreteria Schlein nemmeno più il Pd si definisce di centrosinistra, mentre le altre opposizioni si definiscono di centro. Altre ancora non vorrebbero collocarsi in alcun campo. Ad es. il disegno di Conte è di sostituirsi al Pd nella guida di un campo più o meno largo, senza pagare il dazio di una chiara collocazione nel campo del centrosinistra.
Il Terzo Polo tende a coprire spazi che vanno al di là del centrosinistra, e Italia Viva si vorrebbe caratterizzare come catalizzatore di consenso anche a seguito della crisi di FI in un segmento elettorale che occupi parte del centro/centrodestra (vedi la scelta molisana).
Domando: si può ipotizzare una alleanza coesa nel futuro di un centrosinistra senza trattino oppure occorre dare vita a un processo per una nuova alleanza che sconti la preminenza dei singoli soggetti politici che compongono un ipotetico nuovo centro sinistra senza trattino, oppure ancora va considerato fuori tempo ogni richiamo all’unità delle forze del campo progressista e moderato? Se fosse valida la prima ipotesi formulata sotto interrogativo, resterebbe fermo la scelta de bipolarismo; nel secondo caso si tornerebbe al proporzionale. Nel terzo caso sarebbe garantito un futuro certo al governo solo per il centrodestra.
La destra meloniana intende perseguire la revisione di un sistema in cui l’elemento bipolare sfumi fino a ridare vigore ai singoli partiti di una ipotetica alleanza, oppure si percepisce dentro un sistema bipolare’? con il presidenzialismo mi pare evidente dove intende muoversi.
Cito volutamente il Morando di Orvieto 2021, anche se il quadro non si era ancora evoluto al punto di dissolversi nel dato elettorale del settembre 2022:” Io sono convinto che esistano, nel centrosinistra italiano, le forze disposte ad impegnarsi in una battaglia politica non per “perder bene”, ma per provare a vincere”. Queste forze sono oggi disperse a causa delle rotture e delle scissioni, deluse per sconfitte subite e spesso poco consapevoli degli errori commessi, che le hanno provocate. L’unità dei riformisti più coerenti è certamente negli auspici di tutti, ma non è un obiettivo politico dei più. C’è dunque molto lavoro da fare, per Libertà Eguale.” Voglio ritenere ancora perseguibile questo obiettivo.
Diamoci da fare dunque ancor più oggi, quando, dopo la sconfitta elettorale del ’22, le forze sono ancora più disperse e dopo che il Pd ha perso l’occasione di affermare una leadership riformista con le primarie perse da Bonaccini.
Chi sta e milita nel Pd dovrebbe anzitutto darsi da fare per evitare la deriva populista e massimalista di quel partito, nel quale si sciupa a iosa parlare di un partito che viene impropriamente denominato con il termine “comunità”.
Un partito è un sodalizio, non un accrocchio di fedeli legati insieme da una ideologia comune, che ne fa un campo ristretto e delimitato, chiuso dentro una comunità. Un partito è uno spazio aperto in democrazia, dove si riconoscono ideali, interessi, progetti e scelte personali. Un partito si può definire così: una associazione tra persone accomunate da una medesima finalità politica di interesse pubblico circa la gestione dello Stato e della società, che si esplicita con la definizione di un programma politico e si misura nelle elezioni.
I partiti sono i luoghi costituzionalmente definiti dall’art. 49 Cost. nei quali “tutti i cittadini concorrono con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Dove è finita la battaglia per la costituzionalizzazione dei partiti? La riforma dei partiti, del loro funzionamento e del loro finanziamento? Nel dimenticatoio anche del Pd e nella memoria corta dei partiti di opposizione e di governo.
Si può realizzare il presidenzialismo senza costituzionalizzare i partiti? Si, ma forse scadrebbe verso il plebiscitarismo. Si può dare soluzione alla crisi di rappresentanza senza partiti rinnovati e vincolati a norme di valenza costituzionale, che non li esponga ai voleri del leader o padrone di turno? Si può rafforzare riformare la democrazia liberale oggi in crisi in tutto l’Occidente, senza partiti con regole di base di funzionamento stabilite uguali per tutti e costituzionalmente vincolanti? Come sono disciplinati oggi i partiti e i movimenti politici? Certamente hanno una organizzazione e una vita democratica interna debole e asfittica, nonostante mantengano i poteri che la Treccani definisce così: i partiti politici sono associazioni private che hanno il monopolio di fatto delle elezioni politiche e dunque hanno natura ambivalente: privata e pubblica sono cioè il frutto del combinato disposto della libertà di associazione e dell’art.49 Cost. È urgente riaprire una grande iniziativa su questo terreno.
Conosciamo nel mondo partiti democratici e scalabili nel mondo che esistono senza tessere? Senza militanti? Senza organizzazione interna forte? Senza una selezione democratica di dirigenti ed eletti? Senza un trasparente finanziamento? Si. Sono i partiti personali, a metà tra movimento e società privata non scalabile.
Pur con i suoi problemi di leadership e di linea politica, va riconosciuto che il Pd resta, nonostante tutto, un partito scalabile con le primarie e con un proprio profilo democratico statutario interno che consente di selezionare i dirigenti .Che consente quindi la competizione interna, condizione per la quale è decisivo disporre di un partito plurale , statutariamente dato e politicamente agibile da idee e progetti tra loro in competizione per definire la guida e l’indirizzo politico del partito medesimo.
Tra i partiti rappresentati in Parlamento quanti ce ne sono così? Il grado di democrazia interna e scalabilità dei partiti definisce un possibile costanza nel quantum della rappresentanza nel tempo ed anche il quantum della potenzialità di espansione di un partito, dato non riferibile solo alle sue politiche e al loro gradimento tra i cittadini, ma anche al carattere plurale e democratico che può fare di un partito un partito a vocazione maggioritaria largo e partecipabile.
Ecco perché, ripartendo dagli esiti delle primarie del Pd, e da una loro più approfondita valutazione, dedicheremo il pomeriggio a ragionare della futura possibile coalizione e delle questioni che prioritariamente dovremmo affrontare per rendere possibile almeno il tentativo di avvicinare i soggetti che di una alleanza per il governo alle prossime elezioni politiche potrebbero far parte.
Per lavorare a un pensiero nuovo per il nuovo secolo le sfide sono: la globalizzazione, la digitalizzazione, l’intelligenza artificiale, la sostenibilità.
Su queste sfide si costruisce la credibilità di una alternativa di governo, della quale i capisaldi restano: l’atlantismo e l’europeismo, la dignità del lavoro, un welfare forte, la formazione di qualità ,la promozione delle imprese per produrre ricchezza per il benessere di tutti, decisiva per la modernizzazione del Paese, la priorità a Agenda 2030 che disegna un futuro non di sola sostenibilità ambientale, ma anche economica, energetica, alimentare e sociale, misurabile non solo con il Pil, ma anche con gli indicatori di BES- benessere equo e sostenibile.( dentro cui si fa la redistribuzione) .
Lo sviluppo sostenibile è crescita, non decrescita, sostenibile in quanto la sostenibilità è incorporata nello sviluppo e lo sviluppo nella sostenibilità in modo inscindibile.
Dentro questa cornice di valori, indirizzi e obiettivi, Libertà Eguale deve riorganizzarsi e sintonizzarsi con l’esigenza di rilanciare i partiti e la politica, ai quali serve un di più di radicamento sociale e territoriale e un riconoscimento pubblico che premi il valore dell’adesione e della militanza, rafforzando il ciclo partecipazione/ decisione.
Per ottenere una credibile alleanza di centrosinistra che competa per il governo serve una nuova classe dirigente del Pd e del centrosinistra, da valutare e selezionare sulla base del merito, della dedizione e delle capacità di leadership. Possiamo contribuire a formare questa nuova classe dirigente anche con le forze di cui disponiamo come Associazione di cultura politica.
Non possiamo dimenticare che questo auspicabile lavoro ed impegno politico culturale dovrà prodursi dentro un quadro di evoluzione della politica e delle istituzioni europee che troverà uno snodo decisivo nelle prossime elezioni per il parlamento europeo, il cui esito ci dirà quanto i conservatori si avvicineranno alla maggioranza che ha sempre governato in un accordo di governo tramite un accordo tra PPE e SED(PSE). Non credo sia scontata una alleanza PPE e Conservatori, mentre sarà decisivo come i progressisti, i centristi e i liberali arriveranno a contare nel futuro Parlamento Ue. Parte importante di questa battaglia si gioca in Italia. Questa volta per il Parlamento europeo è in gioco non solo la maggioranza tradizionale che ha guidato le scelte degli ultimi decenni e quelle più ardite del New generation EU, ma il futuro dell’Europa con il suo ridisegno come entità unita con un destino comune consapevolmente riconosciuto anche dagli elettori.
Per arrivare a questo traguardo il centrosinistra passerà prima del voto di giugno da importanti appuntamenti locali e regionali di rinnovo dei consigli (Trentino nel ‘23, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Umbria, Piemonte e moltissimi comuni nel 24) per vincere i quali non si userà il sistema proporzionale, ma varranno alleanze credibili e potenzialmente in grado di essere percepite come vincenti dall’opinione pubblica. Alle europee ci si arriva per questi passaggi, nei quali occorrerà sapere tesser la tela delle alleanze. Al Pd tra pochi mesi sarà necessario disporre di un credibile progetto e profilo di partito di governo, non solo di forza dedita al mestiere dell’opposizione.
Ne discuteremo in questi giorni di lavoro seminariale. Ne discuteremo nel prossimo futuro anche con altri amici e associazioni che con noi hanno dato vita per 20 anni a Incontri Riformisti, i quali incontri, insieme al rilancio di Libertà Eguale, dovranno continuare a costituire un momento fondamentale dell’attività della nostra associazione, con i tradizionali nostri interlocutori del campo riformatore della politica italiana e lombarda e con nuove disponibilità di soggetti che gravitano nel campo del centrosinistra e riformista.