Di Domenico Pulitanò.
Intervento svolto agli Incontri Riformisti a Eupilio.
PNRR. Problemi della macchina del law enforcement.
Sono oggi sul tappeto i problemi di attuazione delle legge 27 settembre 2021 n. 134, Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari. È efficienza la parola chiave delle riforme (penale e civile) della c.d. riforma Cartabia, che riguarda problemi del law enforcement: problemi della macchina giudiziaria e delle sanzioni. Efficienza della macchina, in vista degli obiettivi del PNRR: riduzione dei tempi del processo entro i prossimi cinque anni, al 25% nel penale e al 40% nel civile.
Fra le tante proposte relative al processo, spiccano alcune non meramente procedurali, ma di garanzia sostanziale della serietà del processo. Particolarmente importante è la previsione di una più stringente regola relativa al promovimento dell’azione penale: non deve essere chiesto (dal PM) e non deve essere disposto il giudizio «quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono tali da determinare la condanna». Rendere più stringenti i presupposti del rinvio a giudizio risponde a esigenze, ad un tempo, di alleggerimento del carico gravante sulla macchina giudiziaria, e di garanzia dei diritti delle persone. Il processo non può essere ad explorandum, alla ricerca di eventuali nuovi elementi necessari a completare una prova mancante.
Per quanto concerne l’avvio di indagini, è garanzia delle persone coinvolte (ma anche delle condizioni in cui l’indagine possa svolgersi) la previsione che «la mera iscrizione del nominativo della persona nel registro delle notizie di reato non determini effetti pregiudizievoli sul piano civile e amministrativo». In astratto, si tratta di un corollario del modello vigente. Di fatto, l’essere ‘indagato’ (come dice un linguaggio stigmatizzante) comporta conseguenze negative nella comunicazione mediatica e politica. Al di là dell’espressa previsione che esclude effetti pregiudizievoli, la prassi politica avrebbe già potuto e dovuto farsi carico del problema.
La riforma prefigurata dalla legge delega tocca il sistema sanzionatorio con modifiche di rilievo relative ai modelli sostitutivi delle pene detentive brevi, fino alla soglia di 4 anni; estende il campo di applicazione dell’improcedibilità per particolare tenuità del fatto, della sospensione del processo con messa alla prova, della possibile applicazione di misure alternative alla detenzione senza passare per il carcere.
Pur con i limiti posti da esigenze di compromesso in una difficile situazione politica, tuttora segnata da componenti populiste di vario colore, la riforma sarebbe l’avvio di una inversione di marcia rispetto al populismo del più penale, riprendendo una linea di deflazione del carico processuale e della pena carceraria.
Resta aperta la possibilità e auspicabilità di passi ulteriori di ragionevole riduzione sia dell’area del penalmente rilevante, sia del peso delle sanzioni. Un problema particolarmente delicato, e non ben risolto nella legge delega, resta la disciplina della prescrizione / improcedibilità, che pone problemi anche di legittimità costituzionale.
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Video della sessione di dibattito»