Di Erminio Quartiani.
Oggi voglio onorare la figura di un carissimo amico, compagno e maestro, il sen. RODOLFO BOLLINI, scomparso il 25 settembre scorso a 97 anni.
Fu sindacalista Cgil nel dopoguerra, consigliere comunale di Legnano nel ’56, poi consigliere in Provincia di Milano, segretario della Federazione milanese del PCI dal ’66 al ’70, nel ’70 eletto consigliere regionale in Lombardia nella prima legislatura costituente, senatore del PCI dal ’72 al ’92.
Rodolfo era un convinto riformista per scelta e per indole personale, giacché non si accontentava mai , anzi si rifiutava , di assumere posizioni su temi, grandi o piccoli che fossero, senza l’ausilio di una approfondita analisi delle condizioni e della situazione che generavano la necessità di definire una posizione risolutiva, anche prendendo in considerazione sempre i pro e i contro di soluzioni diverse o alternative tra loro, in ogni caso ma a maggior ragione quando era lui a dover decidere.
Si affidava molto ai dati, alle statistiche, alle elaborazioni matematiche e scientifiche, pur non dipendendone in modo assoluto, bensì facendone una base fondamentale a supporto della elaborazione politica e delle determinazioni da prendere, fossero queste a livello di partito, di Parlamento ed anche all’interno di quell’area riformista del PCI/Pds della quale fece parte a Milano.
Non si affidava all’ideologia e manteneva sempre attivo quello spirito critico che lo rendeva libero e apprezzato politico e parlamentare della Repubblica.
Esperto di bilancio dello Stato, fu vicepresidente della Commissione bilancio del Senato in tempi in cui, dall’opposizione, quel ruolo richiedeva una forte e non ondivaga interlocuzione con il Governo e un rapporto intenso con le parti sociali.
Per la conoscenza che aveva del Bilancio e la capacità di studio e approfondimento dei provvedimenti, il Ministro Andreatta, che lo stimava e lo apprezzava come un credibile interlocutore, diceva che pochi in Parlamento erano profondi conoscitori del bilancio dello stato come “il ragionier Bollini da Legnano”.
Fu per me, anche negli anni più duri dello scontro politico, fuori e dentro il partito in cui militavo, un saggio riferimento, un amico sempre pronto a sostenermi, senza mai concedermi un palmo di spazio se non era convinto di quanto andassi proponendo, un ancoraggio importante alla storia di un partito di massa che occorreva però radicalmente cambiare e riposizionare nella vita del Paese.
Per questo si è adoperato, con una particolare attenzione alla formazione e al ruolo dei giovani dirigenti politici.
A Bollini i riformisti e i progressisti, non solo quelli milanesi e lombardi, devono molto.
Ma credo gli debbano molto anche coloro che con lui hanno saputo tenere alto il valore della politica, dei partiti e del Parlamento nel nostro Paese.
Riposi in pace.