Di Sergio Fabbrini.
Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore.
Giovedì scorso, i leader dei principali partiti parlamentari europei hanno approvato la Dichiarazione congiunta (sottoscritta tre giorni prima dai Presidenti del Consiglio dei Ministri, della Commissione europea e del Parlamento europeo) che promuove la Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFuE). Una volta che tale Dichiarazione verrà approvata da tutti i ministri dei governi nazionali (avverrà nei prossimi giorni), la macchina della CoFuE si metterà in moto.
Per un anno, i cittadini europei verranno coinvolti in una discussione pubblica, organizzata in conferenze plenarie e panels nazionali e locali, su “come costruire un’Europa più resiliente”. Nel frattempo, sotto la pressione della pandemia, l’Unione europea (Ue) ha intrapreso percorsi inediti di riforma, per dotarsi delle capacità di policy con cui affrontare il dopo-pandemia. Di ciò, però, risulta poco o punto nella Dichiarazione congiunta. Quest’ultima solleva aspettative sul futuro che sono al di sotto di ciò che sta avvenendo. Potremmo chiamarlo il paradosso delle aspettative rovesciate.
Come risolverlo?
Cominciamo da ciò che sta avvenendo, considerando tre policies cruciali per la resilienza dell’Ue, come la politica di vaccinazione, economica e di sicurezza. Per quanto riguarda la politica di vaccinazione, l’Ue ha mostrato di saper controllare i nazionalismi vaccinali, ma al prezzo di indebolire la sua azione esterna. È probabile che siano stati commessi errori nella negoziazione con le società farmaceutiche da parte della Commissione, ma è certo che la gestione insoddisfacente della politica vaccinale europea sia dovuta a ragioni strutturali e non soggettive.
La Commissione non ha potuto disporre di un potere negoziale autonomo dagli stati, né di un suo bilancio da usare secondo le esigenze negoziali.